laR+ IL COMMENTO

Governo e sindacati ‘Erredipizzati’ non tirino troppo la corda

Il contesto politico non è più quello dell’anno scorso, e su carovita per i dipendenti pubblici e manovra di rientro si dovrà andare coi piedi di piombo

In sintesi:
  • La Rete a difesa delle pensioni ha fatto cambiare il modo di far sindacato, e può essere un rischio
  • D’altra parte, il Consiglio di Stato deve dimostrare di essere davvero un datore di lavoro attento ai suoi dipendenti
  • Anche se non esiste solo chi lavora nel pubblico
Storia di un futuro passato
(Ti-Press)
6 settembre 2024
|

La decisione dei sindacati di mantenere la manifestazione del 16 ottobre per ‘tenere alta la mobilitazione’ in vista delle trattative per la concessione del carovita ai dipendenti pubblici e tutto quello che concerne la manovra di rientro allegata al Preventivo 2025 impone due letture. La prima è che i sindacati hanno il diritto e dovere di fare il loro lavoro, cioè difendere i propri affiliati e battagliare per migliorare le condizioni di chi di certo non ruba lo stipendio ma garantisce da un lato un servizio, dall’altro al Cantone di funzionare. La seconda, però, è che stiamo assistendo a dei sindacati storici sempre più, si passi il termine, ‘Erredipizzati’.

La Rete nata a difesa delle pensioni dei dipendenti pubblici e gagliardamente attiva ormai da tempo sulla questione Istituto di previdenza del Cantone Ticino ha instaurato, piaccia o no, un nuovo modo di fare sindacato. Ne sono prova l’entrata massiccia nel Consiglio d’amministrazione dell’Istituto di previdenza, frutto del voto degli stessi dipendenti, e l’aver portato più volte in piazza migliaia di persone. La domanda che resta lecita, però, è quanto convenga e quanto abbia senso che sindacati come Vpod e, soprattutto, Ocst e Sit seguano queste pratiche. In un contesto di finanze fragili, il Cantone concederà il carovita che valuterà di poter concedere. Mantenere alta l’attenzione va bene, esacerbare il discorso un po’ meno.

In più, il contesto politico sebbene non sia passato neanche un anno è radicalmente cambiato. Senza elezioni alle porte, viene da chiedersi se potranno trovare maggioranze in Gran Consiglio posizioni a favore dei dipendenti pubblici o dei sussidi di cassa malati, soprattutto dai partiti del centrodestra. Segare il ramo su cui si è seduti a poche settimane dalle Federali prima, e a pochi mesi dalle Comunali poi, l’anno scorso sarebbe stato folle da parte degli stessi partiti che con molta prosopopea hanno difeso i diritti dei lavoratori nel pubblico. Quest’anno la musica sarà diversa.

E sempre a livello di maggioranze, è bene che i sindacati non sottovalutino il fatto che alle votazioni di giugno il sostegno alle misure di compensazione per gli affiliati all’Ipct è passato per il rotto della cuffia nonostante un intero parlamento – a eccezione di Lega e Udc – fosse schierato compatto. Anche perché soprattutto in casa liberale radicale l’interesse era rivolto al far passare la riforma fiscale, quindi più di qualche crocetta per quelle misure di compensazione è uscita per una desistenza che alla fine ha raggiunto il suo scopo.

Insomma, tirare la corda è nei compiti di un sindacato. Esattamente come lo è avere cura che quella corda non si spezzi. Il popolo ha sostenuto, ripetiamo, di scarsissima misura le misure di compensazione a giugno: e un sì è un sì. Ma ha altrettanto fatto capire che i dipendenti pubblici non sono i soli ad avere esigenze salariali e pensionistiche. Tre mesi fa è andata bene, quando si parlerà del vero e proprio risanamento dell’Istituto di previdenza il discorso potrà essere diverso. Nel mentre, le trattative vadano avanti e il governo mostri il più possibile la veridicità del suo attaccamento ai dipendenti in qualità di datore di lavoro come più volte sbandierato nella campagna per la votazione di giugno. Ma da entrambe le parti non si giochi troppo al tiro alla fune, perché quella corda mostra già segni di deterioramento.