laR+ IL COMMENTO

Una questione di opportunità che continua a non essere colta

La decisione del Consiglio della magistratura di non sospendere alcun giudice coinvolto nel caos Tribunale penale (soprattutto Ermani) lascia perplessi

In sintesi:
  • Inascoltate le richieste di molta politica e dell'ex magistrato Luciano Giudici, perché?
  • Se ne deduce che per il Cdm inviare certe foto non sia una circostanza che ‘giustifica’ una sospensione
La confusione regna sovrana
(Ti-Press)
28 agosto 2024
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La decisione del Consiglio della magistratura di non procedere alla sospensione di alcun giudice del Tribunale penale cantonale, soprattutto il suo presidente Mauro Ermani, lascia perplessi soprattutto alla luce di un comunicato stampa del suo plenum che nelle intenzioni avrebbe dovuto fare chiarezza, nella pratica invece fa acqua da più parti.

L’organo cui è attribuita la responsabilità di vigilare e sorvegliare sul potere giudiziario ha fondamentalmente scelto di non farlo. Nella nota viene scritto che una decisione sull’eventuale apertura di procedure disciplinari sul caos scoppiato all’interno del Tribunale penale avverrà “non prima che il Cdm avrà preso conoscenza del contenuto della denuncia/querela” che i giudici Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti hanno sporto nei confronti degli altri tre: il presidente Mauro Ermani, il suo vice Marco Villa e Amos Pagnamenta. Il presidente del Cdm Damiano Stefani aveva già affermato al nostro giornale che questa è la prassi. Esiste, però, una questione di opportunità che se continua a non venir colta dal giudice Ermani dovrebbe essere invece individuata e compresa da chi, si diceva, ha il compito di sorvegliare. L’invio da parte di Ermani a una segretaria di una foto che ritrae una donna seduta in mezzo a due peni giganti e la scritta ‘Ufficio Penale’ è abbastanza per sollevarla eccome, una questione di opportunità. A pensarlo è anche larga parte del mondo politico, che in questi giorni ha chiesto una sospensione (o autosospensione, speranza peregrina) di Ermani. A chiederlo con veemenza è stato il già magistrato Luciano Giudici con una lettera aperta al giudice inviata al nostro giornale: “Lei non sembra neppure rendersi conto del danno provocato alla Giustizia e ai cittadini ticinesi, non assumendo l’unica conclusione che perentoriamente si impone, e cioè le dimissioni immediate”.

Il Consiglio della magistratura una possibilità l’aveva, e l’ha tuttora. L’articolo 82 capoverso 1 della Legge sull’organizzazione giudiziaria, evocato per primi dai Verdi, che attribuisce al Cdm la possibilità di “pronunciare la sospensione cautelare nei confronti di un magistrato oggetto di procedimento penale quando le circostanze del caso lo giustificano”. La decisione presa ieri attesta che per il plenum del Cdm un giudice che invia certe immagini a una segretaria non fa parte delle “circostanze” che “giustificano” una sospensione cautelare. Non si tratta di anteporre chissà quale morale a un’inchiesta penale, ma di rendersi conto quando si scivola in maniera imbarazzante. Che a farlo sia un cittadino qualsiasi o un giudice cambia poco.

Mentre intanto Roma brucia e qualcuno suona la lira, per una volta quel qualcuno non è il parlamento. Spesso accusato – a ragione – di sonno profondo e inconcludenza, tramite la sottocommissione ‘Giustizia’ il Legislativo (ne scriviamo a pagina 3) squaderna al Consiglio di Stato tutto il lavoro svolto in estate e le numerose proposte per riformare il terzo potere dello Stato. Dalla procedura di nomina dei magistrati al Ministero pubblico, dall’istituzione di un necessario Codice etico ai compiti del Consiglio della magistratura l’elenco di richieste è lungo. Se la bozza di risoluzione sarà approvata dal Gran Consiglio in settembre, toccherà al governo agire di conseguenza. Senza più indugi né montagne che partoriscono il topolino.

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