I Verdi annunciano un ricorso. Obiettivo: revocare l’aumento dell’età di pensionamento delle donne. Al loro arco hanno qualche freccia
Sei anni fa l’allora Ppd (oggi Centro) inoltrò in otto cantoni ricorsi per annullare la votazione federale del 28 febbraio 2016 sull’iniziativa popolare che chiedeva di abolire la ‘penalizzazione del matrimonio’, respinta con un risultato risicatissimo (larga maggioranza di cantoni favorevoli, ma il 50,8% di voti contrari). Lo fece dopo che il Dipartimento federale delle finanze informò il Consiglio federale che le coppie sposate con doppio reddito penalizzate a livello di imposta federale diretta non erano circa 80mila – come indicato nella brochure ufficiale inviata a tutti i fuochi – bensì… 454mila.
Di fronte al niet dei cantoni, il partito si rivolse al Tribunale federale (Tf). Nel 2019 l’Alta Corte stabilì che il Governo aveva violato l’obbligo costituzionale d’informazione e trasparenza. E poiché era consapevole dell’estrema inesattezza dei dati in suo possesso (calcolati sulla base di informazioni risalenti al 2001), l’esecutivo si era reso colpevole anche di infrazione della legge sui diritti politici. Quattro giudici su cinque ritennero infine che un risultato diverso fosse possibile, dato l’esito al fotofinish (55’072 schede di differenza) e la gravità dell’irregolarità. A quel punto, visto che nel frattempo non era stata adottata alcuna legge in materia, il Tf – diversamente dal 2008, quando per la ragione contraria bocciò un ricorso del Ps per annullare il voto sulla riforma II dell’imposizione delle imprese, approvata per un soffio alle urne, a causa di una clamorosa sottostima della riduzione delle entrate fiscali – giunse alla conclusione che lo scrutinio potesse essere invalidato e rifatto senza pregiudicare la certezza del diritto. Non era mai successo dalla nascita dello Stato federale nel 1848.
L’oggetto in votazione è già entrato in vigore oppure no? L’errore è grossolano? Il dato errato è presente (se sì, in quale misura?) nelle informazioni ufficiali e nelle argomentazioni delle parti? Al momento della votazione le autorità erano consapevoli che in gioco vi fossero dati e affermazioni inveritieri? Quanto netto è stato il risultato della votazione?
Sono parecchi i fattori che il Tf dovrà prendere in considerazione anche ora, nell’esaminare i ricorsi annunciati dai Verdi (e forse bissati oggi dalle Donne del Ps, vedi p. 2) per annullare la votazione federale del 25 settembre 2022 sulla riforma Avs 21 volta a ‘stabilizzare l’Avs’, grazie in particolare all’aumento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne. Per la sinistra, le previsioni finanziarie errate sulle uscite dell’Avs – 4 miliardi nel 2033 stimati in eccesso, a causa di formule non corrette impiegate dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas) dal 2019 – sono state la principale ragione che ha spinto molti ad accettare la proposta.
I ricorrenti hanno qualche freccia al loro arco. L’errore commesso è «grave» (la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider), il sì uscito dalle urne striminzito (50,5%). La riforma Avs 21 è già in vigore, ma l’età di riferimento delle donne sarà innalzata solo dal 2025. E nella brochure ufficiale (ri)leggiamo frasi eloquenti, ancorché piuttosto generali (“La stabilità finanziaria dell’Avs è in pericolo”; “Nei prossimi dieci anni l’Avs avrà un fabbisogno finanziario di circa 18,5 miliardi di franchi”; “(...) le uscite dell’Avs aumentano in misura maggiore delle sue entrate e la situazione finanziaria dell’Avs peggiora sempre di più”), corredate da cifre che rimandano a un “calcolo interno” (ahi!) dell’Ufas. D’altro canto, l’errore non stravolge la sostanza delle cose (il fatto che l’Avs tende al rosso).
La palla adesso passa ai giudici: nelle loro mani, una bella matassa da sbrogliare.