Il coach rossocrociato ha accettato l'offerta dei vertici del calcio elvetico, scegliendo di continuare a condurre la Nazionale almeno fino al 2026
Pochi giorni fa, stilando un compendio commentato della positiva campagna continentale della Svizzera, avevo chiuso il pezzo suggerendo – fra il serio e il faceto – al selezionatore Murat Yakin di non accettare la proposta di rinnovo dell’accordo che i vertici del calcio elvetico gli avrebbero sottoposto, e di salpare invece verso nuovi lidi, magari esotici, approfittando delle vantaggiose offerte economiche che, dopo i buoni risultati colti in Germania, certo non avrebbero tardato a ingolfare il suo cellulare e a congestionare la sua posta elettronica.
Il mio consiglio, insomma, era quello di imitare il suo predecessore Vlado Petkovic, che nel 2021 – pure lui reduce da un Europeo concluso ai quarti di finale – dopo un’avventura alla guida della Nazionale durata sette anni aveva finito per cedere alla lusinghiera proposta giuntagli dai Girondins di Bordeaux.
Ripetersi – dopo aver ben operato – risulta sempre assai difficile per tutti, e infatti non sono pochi coloro che, invece di correre tale rischio, preferiscono ringraziare, salutare e lasciare un buon ricordo, e spesso qualche rimpianto, dietro di sé.
Murat – è notizia di ieri mattina – ha invece optato per imboccare la strada più perigliosa, e per questo merita ammirazione: ha infatti scelto di restare sulla panchina rossocrociata per tentare di aprire un nuovo ciclo vincente, quello che dovrebbe portare – stando alle aspettative di ambiente, stampa e tifosi – a una scontata qualificazione per i prossimi Mondiali, in agenda nel 2026 in Messico, Stati Uniti e Canada.
Non sarà però – a dispetto dell’indubbio valore del nostro parco giocatori – un compito troppo agevole: sia perché almeno la metà dei suoi soldati reduci da Euro 2024 è ormai entrata nella fase calante della carriera, sia perché, malgrado un insano allargamento della fase finale ad addirittura 48 squadre, staccare il biglietto per il torneo iridato diverrà sempre più complicato. I posti disponibili per le squadre europee, infatti, rimarranno pochini – solamente 16 – benché la supremazia delle compagini del Vecchio continente continui a essere evidente, basta del resto dare un’occhiata alle fasi a eliminazione diretta delle 22 edizioni già archiviate.
Colpa, si sa, dei criteri che muovono le scelte strategiche della Fifa, basati sempre meno sul merito e sempre più su logiche di tutt’altro tipo. Questa, comunque, è un’altra storia, e certo avremo occasione di tornare a parlarne, specie quando nel mese di dicembre saranno effettuati i sorteggi dei gironi di qualificazione a questa Coppa del mondo (apparentemente) iperinclusiva.
Ciò che più conta, oggi, è infatti la scelta indubbiamente coraggiosa di Yakin, celebrato eroe nazionale dell’estate 2024 che non sembra nemmeno lontano parente dello zoppicante allenatore di cui soltanto pochi mesi fa – forse addirittura poche settimane or sono – a causa di un curriculum da tecnico tutt’altro che nobile, di scelte tattiche quantomeno stravaganti e di una gestione indubbiamente discutibile dei giocatori a sua disposizione, molti chiedevano a gran voce la testa.