laR+ IL COMMENTO

Il vero successo della Nati sta nella nuova mentalità

Più che i risultati ottenuti in Germania dalla Svizzera, a convincere è stata l’attitudine mostrata dentro e fuori dal campo

In sintesi:
  • Le recenti prestazioni fornite dai rossocrociati agli Europei di Germania, da cui sono stati estromessi soltanto ai rigori nei quarti di finale, hanno creato grande entusiasmo nell'intero Paese
  • A convincere maggiormente, ad ogni modo, non sono stati soltanto i risultati: a impressionare infatti è stata soprattutto la nuova mentalità acquisita dai nostri giocatori, che paiono finalmente essersi affrancati da un fastidioso complesso di inferiorità che, nel passato, ha spesso condizionato il rendimento della squadra
8 luglio 2024
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Dovessimo rifarci al mero dato statistico, dovremmo dire che rispetto a tre anni fa di miglioramenti non ce ne sono stati, perché – proprio come allora – ce ne siamo tornati a casa dopo i quarti di finale. Ma le cifre, per fortuna, da sole dicono poco o nulla. In realtà, progressi ne abbiamo visti, eccome.

Quella volta, infatti, avevamo superato il turno preliminare faticando non poco, e più in là fummo soprattutto tenuti in piedi dai miracoli di Gavranovic e Sommer. Stavolta, invece, abbiamo flirtato col primo posto nel girone – davanti alla Germania – fino al terzo minuto di recupero dell’ultima gara, giocata, proprio contro i tedeschi, non sfigurando affatto. E poi, comunque, chiudere secondi ci ha permesso di accedere alla parte più facile del tabellone, dove poter passeggiare sulla derelitta Italia senza mai rischiare nulla e senza sprecare nemmeno una stilla di preziosa energia.

Anche all’Inghilterra abbiamo concesso ben poco, e dopo un primo tempo – come si dice – interlocutorio, siamo saliti in cattedra, giocando bene, creando occasioni e, soprattutto, mostrando un carattere mai visto prima in qualcuno che vestisse la casacca rossocrociata. Insomma, se la vittoria fosse stata assegnata ai punti – e i primi ad ammetterlo sarebbero gli stessi inglesi – sarebbe certo stata nostra.

Purtroppo, però, siamo stati ‘traditi’ da due dei nostri giocatori più forti e rappresentativi, vale a dire Sommer e Akanji. Il portiere – poco impegnato nel torneo e quasi per niente contro Kane e Bellingham – sul sinistro di Saka era mal posizionato e oltretutto è rimasto zavorrato all’erba. Il difensore centrale – oggi forse il migliore al mondo nel ruolo – ha invece calciato malissimo, proprio come tre anni fa, un rigore di importanza capitale. Nessuno, ad ogni modo, intende metterli in croce per mancanze simili: trattasi di semplice dovere di cronaca. Altre volte, infatti, siamo stati eliminati per pavidità e complesso di inferiorità, che mi paiono peccati ben più gravi: quelle di Akanji e Sommer mica sono colpe, ma errori, che nello sport ci stanno, ed è praticamente impossibile eliminarli del tutto.

Sabato sera, probabilmente prima di quanto avremmo meritato, ci è dunque toccato dire addio agli Europei, ma lo abbiamo fatto lasciando dietro di noi la generale impressione che la nostra fosse – per gioco, compattezza e mentalità – la migliore squadra dell’intero torneo.

Senza dubbio alcuno, si è trattato della miglior prestazione della nostra storia: oltre ai risultati, a impressionare è stato l’atteggiamento, che finalmente non è più quello di chi – invitato a una festa di gala – si sente fuori luogo e non vede l’ora di levare le tende.

Gli esiti, nell’avvenire, potranno non essere sempre all’altezza di quelli visti in Germania, ma a livello di attitudine credo che davvero si sia tracciata una linea di non ritorno: e proprio qui sta il vero successo di questa campagna continentale.

Ora, svuotata qualche doverosa boccia di champagne, dobbiamo già proiettarci avanti. Il futuro, specie quello prossimo, difficilmente ci riserverà le stesse gioie: molti giocatori sono ben oltre i trent’anni, ed è difficile immaginare di rivederli così performanti fra due anni (Mondiali in Usa, Canada e Messico), e men che meno fra un quadriennio (Europei ospitati dall’Eire e dalle 4 federazioni britanniche). L’autostima sarà pur come detto ormai acquisita, ma non dobbiamo scordarci che, per i Paesi dal basso dato demografico, il ricambio generazionale non è per nulla automatico come avviene invece in altre realtà. È assai improbabile, dunque, che presto potremo assistere a un’altra cavalcata come questa.

Lo dico, naturalmente, anche per scaramanzia. Ad ogni modo, fossi Murat Yakin, starei a sentire cos’ha da propormi l’Asf – più che altro per educazione – ma in ogni caso poi saluterei tutti già questa settimana: per lasciare un ottimo ricordo (dopo avere molto deluso) e per approfittare della felice congiunzione astrale che, senz’altro, potrebbe altrove regalargli contratti principeschi che, fino a poche settimane or sono, nemmeno poteva sognare.

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