Il no del Gran Consiglio è una sfiducia di paglia, e la Lega che coi suoi tasti rossi è stata decisiva ha perso un'occasione per mostrare la sua maturità
Verrebbe da chiedersi con che coraggio il direttore del Dfe Christian Vitta riesca ancora a fare appelli all’unità e al lavorare insieme per rimettere in sesto le finanze cantonali, considerando una politica sorda e cieca a ogni possibilità di ragionevole compromesso capitanata da una Lega che, per risultare più barricadera agli occhi del suo elettorato sempre più esiguo, fischietta facendo finta di dimenticarsi di essere la maggioranza relativa di quel Consiglio di Stato cui ha bocciato il Consuntivo 2023.
Quella data ieri dalla maggioranza del Gran Consiglio al governo è una sfiducia che sarà un ‘segnale politico’ finché si vuole, ma è la dimostrazione definitiva del caos che regna in un parlamento che rifiuta ancora una volta il suo ruolo non tanto di legislatore, ma di ente capace di trovare una via comune in un momento finanziariamente difficile. Si tratta però di una sfiducia di paglia, che rischia di costare alla Lega più di quello che pensa. Alzare l’asticella della contesa e della tensione quando non ci sono conseguenze alle proprie azioni – il no al Consuntivo all’atto pratico vale zero – è facile, fa sembrare gagliardi e tosti, permette di vociare con più baldanza. Quando ci si troverà davanti al Preventivo 2025 e tutti i tagli che esso porterà con sé – frutto di molte decisioni popolari spinte anche dalla Lega stessa –, sarà interessante vedere il comportamento di un movimento che, sempre più impaurito dalla concorrenza democentrista e che vede sempre più difficile il mantenimento di due seggi in Consiglio di Stato la prossima legislatura, cerca anch’esso di fare opposizione usando tutti gli strumenti possibili, quindi anche il tasto rosso al Consuntivo. Ma la scarsa credibilità di chi fa opposizione con due consiglieri di Stato su cinque è lapalissiana e invero anche un po’ stantia, dopo così tanti anni.
A nessuna delle forze della cosiddetta maggioranza di centrodestra interessava molto che questo Consuntivo andasse in porto, e nessuno si è prodigato a immolarsi da una rupe. Ma si è persa l’ennesima occasione per dimostrare alla popolazione che, davanti alle difficoltà, una guida sicura e una maggioranza parlamentare stabile è quanto di più importante il Legislativo avrebbe da offrire. Sia verso la strada del risanamento, sia verso la necessaria progettualità.
Così non si può andare avanti. La responsabilità non si compra al mercato nella bancarella col prezzo più vantaggioso, ma si costruisce con il dialogo, il compromesso e soprattutto con il comprendere quale sia davvero la posta in gioco. Che non è tanto un perfettamente inutile no a un Consuntivo, e nemmeno l’ennesima trattativa per il prossimo Preventivo che possiamo già dire adesso sarà zeppa di piroette, fuochi d’artificio, giravolte e avrà un risultato che non accontenterà nessuno. Ma è il progettare, sul serio, il Ticino dei prossimi dieci, quindici o venti anni. È il dare una visione politica e d’insieme su dove si voglia portare questo Cantone. Un legislativo incapace di mettersi d’accordo pure sui soldi già spesi perché molto impegnato a lanciare ‘segnali’ politici, questa prospettiva non sarà mai in grado di darla.
Ma se in via Monte Boglia davvero vogliono lanciare segnali, il consiglio spassionato è anche di rivolgersi ai propri consiglieri di Stato, oltreché votare a favore o astenersi sui Dipartimenti delle istituzioni e del territorio per poi bocciare il complesso, dimostrando un po’ di quella maturità che tanto serve a una politica che sembra aver perso ogni straccio di direzione.