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P come Pardo e come Photoshop

Il poster del Locarno Film Festival: è Annie Leibovitz o l'Intelligenza artificiale? (‘Fammi un leopardo sul Lago Maggiore in un giorno di brutto tempo’)

In sintesi:
  • Il Festival ci perdonerà se rimpiangiamo i manifesti degli anni passati, che hanno declinato con eleganza e in ogni versione possibile il felino
  • Solo una domanda: chi diavolo ha scelto il carattere di stampa?
Pardo d’autore
(© Annie Leibovitz)
5 giugno 2024
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Quando si dice il destino. Nemmeno il tempo di commemorare la copertina di ‘Born in the U.S.A.’ e di scrivere che la foto è di Annie Leibovitz ed eccoci a celebrare nuovamente la fotografa statunitense cui si deve il poster del Locarno Film Festival di quest’anno (vedi in fondo alla pagina). Leibovitz è colei che ritrasse Lennon a poche ore dalla morte, nudo e abbracciato a Yoko Ono (vestita), ma anche Demi More (nuda anch’ella), Sting (nudo anch’egli), Whoopi Goldberg (presumibilmente nuda, immersa in una vasca da bagno piena di latte, geniale), Christo (o chi per lui) impacchettato come le sue opere, fino a Ronaldo e Messi che giocano a scacchi (vestiti) sopra una Louis Vuitton (vera).

Premesso il “chi siamo noi per giudicare Annie Leibovitz”, noi che scattiamo le foto con l’iPhone e applichiamo i filtri ‘vivido’, ‘drammatico’, ‘mono’, ‘metallico’ e ‘noir’: il Pardo sulle coste del Verbano, soggetto del poster, ci pare abbia un problema di luci, e cioè il felino scontornato è in pieno sole, mentre il paesaggio circostante è la sintesi del grigiore di quando sul lago tira il vento, quello per il quale (a proposito di Christo) qualcuno un giorno disse che non sarebbe stata una grande idea quella di erigere una passerella tra le Isole di Brissago e la terraferma. Ma non è l’incompatibilità tra luci che ci incuriosisce di questa “opera iconica che rappresenta al meglio le idiosincrasie del suo linguaggio artistico” (parole di Maja Hoffmann, presidente del Locarno Film Festival, che accompagnano il comunicato ufficiale), perché la luce potrebbe pure essere una delle idiosincrasie del linguaggio artistico di Leibovitz. A incuriosirci è, piuttosto, sapere chi ha scelto il font, il tipo di carattere di stampa che accompagna l’immagine, font un tantino dozzinale e con tanto di effetto ‘Ombra esterna’ di Photoshop ad ammazzare l’iconicità (o presunta tale) della fotografia (o fotomontaggio). L’altra curiosità è se Leibovitz sia stata a Locarno a fare le foto, o abbia fatto le foto al leopardo e il Lago Maggiore gliel’abbiano spedito via e-mail.

A mente calda, la prima riflessione è che tutta la serie di poster degli anni passati, che hanno declinato con eleganza e in ogni versione possibile il felino, sono degni di un Roland Garros, i cui manifesti valgono una fortuna; ma anche la grafica di JazzAscona, tanto per fare un esempio, è da anni una signora grafica. Sempre a mente calda ci viene da dire che quel font giallo che pare corpo estraneo al ‘concept’ (o presunto tale) accompagnerebbe assai più coerentemente una Magic Rock Night del Vallemaggia Magic Blues. Poi, a mente fredda, ci viene da pensare che con l’arrivo della signora Hoffmann il Locarno Film Festival metterà sempre più un piede nell’arte, e a mettere i piedi nell’arte, soprattutto in quella moderna, devi stare attento a dire che tu – per esempio – nel gabinetto d’oro di Cattelan ci vedi solo un gabinetto d’oro, e che nel tuo bagno non ce lo metteresti mai.

Sempre a mente fredda. Guardando alla sua produzione, difficilmente saremmo arrivati ad Annie Leibovitz se non l’avesse detto il comunicato stampa, perché il poster di Locarno77 ci pare quel che si ottiene chiedendo all’Intelligenza artificiale “fammi un leopardo sul Lago Maggiore in un giorno di brutto tempo”. Da innamorati della grafica pubblicitaria, che in questo cantone si distingue per chiarezza, equilibrio e buon gusto, anche noi come la presidente siamo grati ad Annie Leibovitz, ma più per l’aver legato il suo nome al Festival che “per aver creato un’immagine che diventerà memorabile”. Perché guardando ai meme in Rete, memorabile lo è già diventata.


© Annie Leibovitz

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