laR+ IL COMMENTO

Sisifo e il mito del rigore finanziario

Preventivo 2024: un'altra acrobazia della politica ticinese, che dimostra quanto il pareggio imposto dal Decreto Morisoli sia un’autentica chimera

In sintesi:
  • Una poco audace maggioranza ha ‘condannato’ il Canton Ticino al pareggio di bilancio entro la fine del 2025
  • Il governo potrebbe vedersi costretto in autunno a presentare una manovra di rientro di almeno 150 milioni
  • Le nubi all’orizzonte sono parecchie
Una condanna autoinflitta
24 gennaio 2024
|

Sisifo, re di Efira, uomo scaltro come pochi, a causa della sua sfrontata audacia fu condannato da Zeus a dover spingere un grosso macigno dalla base alla cima di un monte, e a vederlo rotolare giù a valle ogni volta che raggiungeva la vetta, per tutta l’eternità.

Una poco audace maggioranza composta dalla triade Plr-Lega-Udc ha “condannato” il Canton Ticino nell’autunno del 2021 a raggiungere il pareggio di bilancio nei conti pubblici entro la fine del 2025, agendo prioritariamente sulla spesa. Condanna avallata in “seconda istanza” dal voto popolare, complice l’incapacità della sinistra di mobilitare la base in occasione del referendum tenutosi a maggio 2022. Dopo lo stand-by imposto dal calendario elettorale del 2023, siamo giunti al tira e molla di questi ultimi mesi tra governo e commissione parlamentare della Gestione per quel che concerne il Preventivo 2024. Un esercizio acrobatico della politica ticinese che può tranquillamente essere considerato l’ennesima dimostrazione che l’obiettivo conclamato attraverso il Decreto Morisoli è paragonabile alla fatica di Sisifo: un’autentica chimera.

Il rapporto commissionale di maggioranza sottoscritto ieri da Plr, Lega e Centro, che elimina la riduzione dei sussidi di cassa malati – riduzione che avrebbe impedito alla fascia alta del ceto medio-basso (elettori leghisti e democristiani) di percepire l’aiuto pubblico al pagamento dei premi – e che mantiene il prelievo di un contributo di solidarietà del 2% sugli stipendi superiori ai 60mila franchi annui dei dipendenti statali, porta a un preventivo per l’anno prossimo contenente un deficit di 120 milioni. Deficit maggiorato di 25 milioni rispetto a quanto prospettato dal Messaggio governativo presentato lo scorso mese di ottobre, che includeva tagli alla spesa per 134 milioni.

Fatto sta che l’ultimo aggiornamento del preconsuntivo 2023 elaborato dal Dfe stima una chiusura per l’anno appena trascorso a -167 milioni di franchi. Risultato negativo che non sarà mai tale, ma che si aggirerà presumibilmente intorno ai 150 milioni. Va inoltre tenuto conto che a Piano finanziario il Dipartimento guidato da Christian Vitta aveva ipotizzato un disavanzo di 115 milioni per il 2025. Con un deficit di 120 milioni nel ’24, che determina tra l’altro la necessità di un maggiore sforzo a livello di ammortamenti sul conto di compensazione secondo i parametri del Freno al disavanzo, e considerando la profonda incertezza legata alla possibilità che la Banca nazionale torni a versare dei dividendi l’anno prossimo, il Consiglio di Stato potrebbe vedersi costretto in autunno a presentare una manovra di rientro di almeno 150 milioni (senza più l’escamotage di andare a sciogliere riserve qua e là) pur di raggiungere il benedetto pareggio di bilancio: con un parlamento incapace di costruire solidi consensi e una piazza pronta a combattere i tagli, sarà forse meglio mettersi il cuore in pace e cominciare a ritenere il Decreto Morisoli lettera morta.

Le nubi all’orizzonte, insomma, sono parecchie: talmente tante da chiedersi se non sia il caso di iniziare a rimettere in discussione il mito del rigore finanziario sui conti dello Stato – e le briglie sciolte in materia di sgravi fiscali a favore dei più facoltosi – che da almeno tre decenni continuano a condizionare (come se fossero volontà degli Dei) le scelte della politica cantonale e la vita di tutti noi, i comuni mortali.