Chi ha sostenuto con forza il pareggio di bilancio ora si confronta con l'operare nella carne viva. Bisogna cambiare approccio, il contesto è cambiato
La disarmante pochezza con cui Consiglio di Stato e parlamento hanno finora affrontato il rientro dal deficit strutturale e il Preventivo 2024 deve essere archiviata il prima possibile per lasciare spazio a un vero cambio di marcia, politico e di concetto.
Plr, Lega, Udc e in maniera molto più sfumata il Centro hanno sostenuto con troppa faciloneria il tema del pareggio di bilancio. L’adesione appassionata al ‘Decreto Morisoli’, che nel caso non venisse rispettato non prevede né una sanzione né l’arrivo dell’esercito, si è rivelata avventata. Che i conti debbano essere in ordine non lo nega nessuno, e nemmeno si contesta che le finanze sane portino una relativa tranquillità nell’affrontare gli investimenti con la dovuta progettualità. Ma la politica non è contabilità, non è la sagra del pallottoliere asettico, muto e cieco. La politica è capire il momento, analizzare la situazione e riuscire ad andare oltre il compitino. Dire che siccome ci sono il ‘Decreto Morisoli’ e il ben più vincolante freno ai disavanzi – che però opera su entrate e uscite, non solo sulla spesa – diventa alla lunga un alibi. Perché in tempi normali da un deficit strutturale è possibile rientrare, con dei sacrifici come ogni rientro, ma sopportabili. In uscita da una pandemia, con due guerre nel giro di due anni, con la crisi energetica e l’inflazione il discorso si fa parecchio più arduo. Fornire la stessa risposta in un contesto che nel frattempo è cambiato non è saggio né costruttivo.
Lega e Udc, che ora si stanno sfilando dal Preventivo, non perdono occasione per far presente che il bilancio debba quadrare. Eppure da una parte ‘Il Mattino’ domenica scorsa, per penna del suo direttore Lorenzo Quadri, ha messo nero su bianco che “le tempistiche del risanamento dei conti pubblici non sono un dogma da rispettare a qualsiasi costo: se ci si mette qualche anno più del previsto a raggiungere degli obiettivi, non crolla la repubblica”. Dall’altra l’Udc, dopo la manifestazione convocata dai sindacati il 22 novembre per protestare contro i tagli, per voce del suo presidente Piero Marchesi ha affermato che non concedere il rincaro ai dipendenti pubblici – e son milioni sonanti – era “una porcheria”. Chiediamo scusa: di cosa stiamo parlando allora?
Martedì prossimo probabilmente, ma oramai è bravo chi ci capisce qualcosa, la commissione parlamentare della Gestione firmerà i vari rapporti sul Preventivo con l’obiettivo di andare in aula. Esercizio fine a sé stesso, se come sembra nessuno dei rapporti potrà contare su una maggioranza e al fallimento nella ricerca di un compromesso commissionale si sommerà la gogna di una bocciatura parlamentare. La fiera del tutti contro tutti ha portato la politica a fornire un’immagine opaca di sé, scarsamente dinamica e incapace di comprendere come ogni contesto richieda la sua risposta. Che spesso non è né la più facile, né quella prefabbricata.
La speranza è che nelle riunioni dei gruppi parlamentari i partiti si guardino negli occhi, e che soprattutto la Lega faccia un passo indietro per garantire un Preventivo al Cantone. Una responsabilità che la maggioranza deve assumersi. Anche per permettere alla democrazia di fare il suo corso con l’eventuale lancio di un referendum contro i tagli che sono di competenza del Gran Consiglio: in particolare quelli ai sussidi di cassa malati. L’obiettivo della destra di scindere il referendum contro la riforma fiscale e l’ipotetico contro i tagli, e non farli potenzialmente entrare nella stessa busta elettorale, è riuscito.
Magra però è la vittoria che si ottiene quando di sé si proietta solo la paura.