In Sardegna si protesta per l'esclusione dalla nuova mappa del Risiko: mostrando la voglia di molti di essere protagonisti anche quando non è richiesto
Platone diceva che si conosce meglio una persona da un’ora di gioco che da un anno di conversazione. A volte basta anche meno. È il caso di chi, dalla Sardegna, sta contestando l’assenza dell’isola dalla nuova mappa di Risiko, uno dei giochi da tavolo più famosi del mondo. Al mondo, appunto. Particolare che sfugge sempre a chi guarda sempre al proprio ombelico convinto che l’Universo giri intorno a lui. Una volta tutto ruotava intorno alla Terra, poi la scienza portò l’eliocentrismo e abbiamo iniziato a girare intorno al Sole, ora siamo all’egocentrismo. E così facciamo ruotare tutto intorno alla Sardegna (o alla Catalogna, l’Illinois, il Ticino…) giù giù fino al nostro paesello, i nostri interessi, i nostri bisogni, il nostro cane, i bisogni del nostro cane.
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Il dettaglio dell’Europa meridionale senza la Sardegna
Ma torniamo all’isola che non c’è. O meglio, all’isola intermittente. Nelle primissime mappe di Risiko, la Sardegna c’era; poi l’hanno tolta, ma vent’anni fa, su insistenza del Club del Risiko di Cagliari – gente a cui viene voglia di invidiare il tempo libero – la Sardegna è tornata. Per chi non ha dimestichezza con le regole, che sia disegnata o meno ai fini del gioco non cambia nulla.
La Sardegna, come il resto d’Italia, la Svizzera, tutti i Balcani, la Grecia, la Romania, la Bulgaria, l’Austria, pezzi di Francia e di Germania (più altri piccoli Paesi i cui club del Risiko ora si offenderanno) fa parte dell’Europa Meridionale. E si stupiranno i puristi delle mappe geografiche che non hanno capito che per divertirsi bisogna giocare seriamente, non essere seri già prima di giocare.
I confini del Risiko non preannunciano il Nuovo ordine globale. Se credessimo davvero ai confini di quell’atlante le conseguenze sarebbero ben più gravi. Nel Risiko l’Ucraina è enorme, si espande dal Mar Caspio al Mare del Nord e ingloba Mosca (aspettiamo reazioni del Club Risiko del Cremlino, sempre che non siano già in atto); la Colombia è annessa al Venezuela, la Bolivia al Perù e il Cile e l’Uruguay all’Argentina: scambiate un uruguaiano per un argentino, non basteranno tre dadi azzurri per difendervi. Eppure a Montevideo non ci sono (ancora) sommosse. In Cile sì, ma per i 50 anni dal golpe: e a pensarci sarebbe meglio se fosse solo per il Risiko.
In passato il gioco – che non ha mai rinunciato ad alcuni suoi padri fondatori come Jacuzia e Kamchatka – aveva ignorato isole come Taiwan, Cuba e la Nuova Zelanda. Israele, Palestina, Libano, Turchia, Iraq e Iran sono tutti in un grande e indistinto Medio Oriente. E così via.
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Una vecchia mappa anni Ottanta, senza la Sardegna
Maniaci del Risiko a parte, cosa ci ricorda questa lamentela sarda? Che non è più questione di “essere o non essere”, ma di “esserci” o non essere. Così ci esibiamo in palcoscenici preparati per altri, filmando pezzi di concerti che non riguarderemo mai, mostrando alle telecamere cartelli in cui si chiedono maglie ai calciatori, scarpe ai tennisti, brani preferiti ai cantanti, mettendoci in fila con lo smartphone davanti agli stessi monumenti e le stesse spiagge: tutto per ricordare agli altri che esistiamo noi e la nostra Sardegna (qualsiasi pezzo di terra sia), cercando fuori conferme che dovrebbero arrivare da dentro. Non ci riconosciamo più e speriamo lo faccia qualcun altro per noi in un gioco di specchi più complicato del Risiko.
Poi magari hanno ragione loro e un giorno scopriremo che al centro della galassia c’è la Sardegna. O il vostro barboncino.
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Posso avere la tua maglia?