Dopo lo scellerato 2-2 di Lucerna contro la Romania, a giocatori e staff della Nazionale andrebbero mosse maggiori critiche
È difficile comprendere coloro che alla Nazionale svizzera di calcio rivolgono solo complimenti e che sono sempre pronti a giustificarla quando fornisce prestazioni negative. A chi invece formula critiche, di solito questa claque ribatte che dovremmo in realtà leccarci le dita per il fatto che ormai la selezione rossocrociata riesce a qualificarsi alla fase finale di ogni grande torneo, cosa che nel passato era una chimera. Del resto, aggiungono gli entusiasti incrollabili, qualche nostro vicino di casa i Mondiali è costretto ormai da un decennio a guardarseli in televisione.
Ma questo accontentarsi, questo assolvere tutti a oltranza – tendenza che non riguarda solo certa stampa e certi tifosi, ma che purtroppo alberga anche in seno alla Federazione – è proprio ciò che impedisce alla Nazionale, e dunque all’intero movimento, di operare quel salto di qualità che darebbe al calcio svizzero la legittimazione internazionale definitiva.
La nostra mentalità, purtroppo, è ancora quella di chi – finalmente invitato ai party più ambiti – ringrazia, si presenta ma poi provvede a levare le tende prima possibile, forse per evitare di dar fastidio a chi davvero conta qualcosa.
Succede appunto nelle fasi cruciali delle manifestazioni più importanti, dove una volta superato il girone – con la sola eccezione dell’Europeo 2021 – veniamo eliminati al primo scontro diretto e spesso da avversari che nemmeno sono più forti di noi. Ma succede, come l’altroieri a Lucerna contro la Romania, anche quando invece di azzannare alla giugulare un avversario ormai agonizzante, si smette di giocare e gli si permette di riconquistare fiato e risultato.
Da un comodissimo 2-0 che significava in pratica passaporto timbrato per Euro 2024, si è passati nei tre minuti finali del match a un 2-2 che non solo modifica gli scenari in chiave qualificazione ma, soprattutto, fa dubitare sulla tenuta mentale e sulla maturità di una truppa che si vorrebbe d’élite ma che in realtà in certi frangenti pare formata da riservisti richiamati all’ultimo momento e dunque non perfettamente sul pezzo.
Idem, ben inteso, per quanto attiene al suo condottiero, che di nuovo ha stupito – come già al Mondiale qatariota – per scelte tecniche curiose e, soprattutto, per la totale mancanza di tempismo. Forse sarebbe il caso di dire che Murat Yakin, per quanto fornito di un indiscutibile carattere, è però privo di quell’esperienza che sarebbe invece imprescindibile per chiunque debba guidare una Nazionale di alto livello: certe scelte errate, magari, sono figlie di un curriculum in panchina piuttosto scarno. Così come sarebbe ormai ora di ammettere che Yann Sommer, che tante volte in passato ha tolto le castagne dal fuoco, pare non essere più un portiere affidabile.
Consola però, per fortuna, vedere ogni tanto sbocciare qualche ottimo giocatore. Parliamo di Zeki Amdouni, goleador come alle nostre latitudini non se ne vedevano da un pezzo e che provvidenzialmente siamo riusciti a convincere a vestire la casacca rossocrociata e non quella di Turchia o Tunisia, Paesi d’origine dei suoi genitori.