IL COMMENTO

Undicenni già dallo psichiatra

Non va perso tempo, occorre intervenire preventivamente, se serve già alle elementari

In sintesi:
  • Non bisogna essere psicologi per osservare che una crescente fetta di adolescenti si sta spegnendo.
  • Se la politica non investe nel loro benessere sociale avremo ancora più casi psichiatrici, penali, più assistiti. Il punto è: in cosa investire?
(Depositphotos)
17 giugno 2023
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Sembrano piantine disidratate. La linfa della vita non li nutre più. Non bisogna essere psicologi per osservare che una crescente fetta di adolescenti si sta spegnendo. Nell’età della meravigliosa spensieratezza vegetano schiacciati da pensieri distruttivi, travolti da una emotività incontrollata, dominati dal mito dell’apparire. Nulla li appassiona. Non guardano al futuro con legittima speranza, il mondo là fuori è insignificante, chiede troppo o addirittura è una minaccia. Perché allora darsi da fare? Semplicemente smettono di funzionare, si mettono in pausa. C’è chi si anestetizza con droghe, chi si ritira in casa, scollegandosi dal mondo, i nuovi ritirati sociali. C’è chi sperimenta una vita di vagabondaggio. Non seguono più le lezioni, non hanno un’occupazione esterna, faticano ad adattarsi alle regole di convivenza. Come agganciarli. Come aiutarli a trovare un senso, una meta. Come salvarli dalla rassegnazione del ‘non fare’ e condurli verso una matura responsabilità. Queste sono le grandi sfide. Chiuderli in clinica psichiatrica più che una soluzione (a parte qualche eccezione) sembra un parcheggio che rischia di ghettizzarli ancora di più. Eppure negli ultimi sei anni, sono quasi raddoppiati i baby ricoveri in psichiatria e strutture acute. E ancora: oltre 2mila adolescenti vanno dagli psicologi dei servizi pubblici, 656 hanno meno di 12 anni. Ultima cifra: 425 (0-25 anni) hanno chiesto l’invalidità, 150 erano minori.

Che dire… non si può sempre dare la colpa alla pandemia o all’adolescenza difficile. La sofferenza è dentro ma anche fuori, in una società che non sa più accendere l’entusiasmo di una parte della sua gioventù. Aumentano i casi complessi e si abbassa sempre più l’età di inizio del malessere. A 11 anni si va già dallo psichiatra. L’appello viene da chi è al fronte: i foyer sono pieni, i servizi sociali delle città non sanno dove collocare questi ragazzini, le strutture di prima accoglienza in urgenza sono sovraccaricate da troppi casi. Tutti sono oltre il limite. La coperta è scelleratamente troppo corta e si respira il terrore di vederla ridursi ulteriormente. Il governo sta discutendo come arrivare al pareggio dei conti entro il 2025 e dove tagliare risorse. Questo spaventa le centinaia di professionisti motivati che quotidianamente si impegnano con passione e tenacia a fianco dei ragazzi, per riaccenderli e non lasciare nessuno indietro. Se la politica non investe nel loro benessere sociale avremo ancora più casi psichiatrici, penali, più assistiti. Il punto è: in cosa investire? Serve chi sappia pensare fuori dagli schemi, chi sia in grado di ascoltare, percorrere nuove strade per riagganciare chi è scollegato e accompagnarlo a diventare un adulto responsabile. Ne va della coesione sociale del nostro Paese. In una lunga intervista il consigliere di Stato Raffaele De Rosa promette che cercherà di evitare tagli in questo ambito (questo ci rincuora!). Il suo dipartimento sta analizzando se le risposte sono adeguate alle nuove problematiche giovanili. Non è sempre il caso: troppa medicalizzazione! Troppe liste di attesa! Non va perso tempo, occorre intervenire preventivamente, già alle elementari. De Rosa pensa di rafforzare l’aiuto a domicilio per evitare il più possibile ricoveri. Una buona cosa, ma saranno utili anche centri diurni dove aiutare questi adolescenti a socializzare. L'obiettivo: Farli rifiorire! .

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