laR+ IL COMMENTO

Il Plr e quel bisogno di un ripensamento radicale

La ripartenza dopo il ‘flop’ alle cantonali dovrebbe basarsi su fondamenta identitarie solide, le sensibilità interne siano comprese e valorizzate meglio

In sintesi:
  • In un periodo di difficoltà, le persone pensano al proprio budget non ai massimi sistemi 
  • Le critiche di Natalia Ferrara meritano di essere ascoltate
  • Non è obbligatorio annacquare l'identità del partito, il liberalismo è plurale per sua natura
I pensieri sono tanti
(Ti-Press)
11 maggio 2023
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Il Plr dovrebbe cominciare il prima possibile a giocare il secondo tempo della partita iniziata con l’elezione alla presidenza di Alessandro Speziali nel 2020, dopo una prima parte che non si può dire sia stata entusiasmante.

Usciti sconfitti alle recenti elezioni cantonali, con due seggi persi a fronte dell’obiettivo di crescere di uno, i liberali radicali sono comunque il partito di maggioranza relativa. E di gran lunga, considerati i suoi 21 deputati a fronte dei 16 del Centro come secondo gruppo e dei 14 della Lega come terzo. Un partito di maggioranza relativa, e con la tradizione e la storia del liberalismo – e del radicalismo – ticinesi, non può più parlare solo per slogan, ma sarebbe il caso che aggiungesse seri contenuti all’agenda politica. Le cucine che viaggiano a pieno regime, l’olio di gomito, il ‘picchiare come fabbri’ sui temi sono marketing politico che ha un suo senso quando splende il sole. Quando invece il cielo è nuvoloso e all’orizzonte non c’è la schiarita, ma un temporale che si chiama manovra di rientro, gli slogan devono lasciare il posto all’autocritica e al capire dove si stia di casa.

Le critiche che Natalia Ferrara, da noi intervistata nei giorni scorsi, ha mosso alla dirigenza del partito e a come è stata condotta la campagna elettorale meritano di essere ascoltate. Non per dare il la a un’inutile autoflagellazione, ma per tornare a comprendere che per sua natura il liberalismo non può avere un’unica sensibilità e un’unica, granitica via. Per questo motivo le sensibilità interne devono avere diritto di cittadinanza e rappresentanza, perché dietro un’unità che nei congressi elettorali sembrava data, covavano sotto la cenere parti dell’elettorato che hanno preferito virare verso i Verdi liberali, Avanti o addirittura l’astensione.

Per proiettarsi verso il futuro, obiettivo dichiarato più volte da Speziali, bisogna avere chiare le fondamenta su cui si sta costruendo. In un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, una persona in difficoltà può pensare tutto il bene possibile della responsabilità individuale e dei conti in ordine, ma prima deve provare a pagare le fatture e fare la spesa coi soldi che ha. Che sono sempre di meno, con i salari reali erosi dall’inflazione.

Per questo, e dice bene Ferrara, il Plr deve tornare a essere inclusivo. Se si vogliono sgravare fiscalmente i più ricchi, bisogna arrivare coi conti precisi a spiegare al ceto medio e medio basso quali vantaggi potrà avere chi fatica di più. Se ci si oppone all’iniziativa del Ps per fissare il premio di cassa malati a massimo il 10% del reddito, non è sufficiente dire che così non si agisce sul vero problema, cioè i costi della salute. Perché chi non riesce più a pagare quei premi ragiona con il budget della sua famiglia, non con i massimi sistemi comprensibili solo da chi di difficoltà non ne ha.

Non è obbligatorio annacquare l’identità liberale radicale. Essere vicini alla libertà d’impresa, al mondo delle aziende e a chi genera lavoro non è un reato. Sostenere che la ricchezza deve essere creata prima di essere redistribuita, nemmeno. Ma le voci critiche, anche interne, non devono essere sopite e per un futuro che inverta il trend emerso alle urne andranno ascoltate, e di loro andrà fatto tesoro.

Pier Felice Barchi, commemorando nel 2007 il centesimo anniversario della nascita di Plinio Verda, intitolò il suo intervento “Della ragione critica fece un costume di vita”. Erano due radicali. E pure il Plr del XXI secolo può avere ancora qualcosa da imparare da loro.