La vittoria di mercoledì a Ginevra e l'accesso alla seconda finale consecutiva di Coppa Svizzera sono tra i momenti ‘clou’ della gestione Croci-Torti
Da quando il mondo del pallone è entrato nel terzo millennio, soltanto tre squadre hanno disputato almeno due finali consecutive di Coppa Svizzera: il Basilea, come sempre esagerato con tre doppiette e, addirittura, un poker (12 presenze su 22 edizioni, più del 50%), il San Gallo, sconfitto nelle ultime due finali, e il Lugano che, dopo la vittoria dello scorso 15 maggio, ha conquistato mercoledì allo Stade de Genève il diritto a difendere il titolo. Anche solo questo dato la dice lunga sul valore dell’exploit di Croci-Torti e compagni, capaci di arrivare là dove nemmeno lo Young Boys dominatore (e per distacco) di cinque delle ultime sei stagioni di Super League (compresa l’attuale) è riuscito ad approdare.
La partita della Praille di Ginevra è stata, per molti versi, la più importante della gestione del tecnico “momò” e, di conseguenza, degli ultimi anni (ma diciamo pure decenni) di storia bianconera. Certo, il trionfo di un anno fa contro il San Gallo rimane per ora inavvicinabile, ma allora il Lugano si trovava di fatto alla fine di un ciclo e quella vittoria fu la ciliegina su una torta che Angelo Renzetti aveva iniziato a impastare nel 2010, quando era entrato in società. Era chiaro a tutti che la finale contro il San Gallo sarebbe stata il canto del cigno di un gruppo che Renzetti aveva costruito e plasmato prima di cedere il club a Joe Mansueto. Le partenze (o i ritiri) di Maric, Lavanchy, Yuri, Custodio, Lovric, Ziegler hanno costretto la dirigenza, e in particolare Croci-Torti, a ricostruire quasi dalle fondamenta, con pochi bianconeri di lunga data (Sabbatini, Daprelà e Bottani) e tanti giovani da valorizzare e amalgamare. Proprio per questi motivi, il raggiungimento di una seconda finale consecutiva assume un valore tanto importante. Dimostra come in pochi mesi Croci-Torti sia riuscito a far rifiorire la squadra sia dal profilo tecnico-tattico, sia a livello mentale, come la sfida di Ginevra ha dimostrato, con un gruppo dapprima capace di ribaltare il risultato, poi di sopravvivere e reagire a una mazzata come il gol di Crivelli al sesto minuto di recupero.
Una Coppa Svizzera vinta, una finale da disputare il 4 giugno, tre partecipazioni alle Coppe europee e la possibilità tuttora intatta di qualificarsi per i preliminari della prossima Champions League: il tutto in appena sette stagioni, dal ritorno in Super League. Un ciclo che, nella storia del club bianconero, non conosce uguali, a maggior ragione se si considera l’attuale congiuntura del calcio mondiale, con società spesso in mano a potenze economiche globali e la conseguente difficoltà (quando non impossibilità) per le realtà periferiche di reggere il passo di un business sempre più a due velocità. Joe Mansueto e Martin Blaser hanno però dimostrato, pur senza scialacquare milioni a destra e a manca, di possedere intuito e conoscenza del mondo pallonaro elvetico. Presupposti indispensabili anche per il futuro.
Al di là di come finirà il prossimo 4 giugno, il Lugano può guardare con fiducia agli anni a venire. Dietro le quinte si lavora e i risultati dicono che lo si fa bene, inoltre l’arrivo del nuovo stadio dovrebbe garantire un’ulteriore iniezione di entusiasmo, anche in un pubblico che, spiace dirlo, rimane l’anello debole della catena bianconera, con una media stagionale di appena 3’265 presenze, ultimo per (ampio) distacco tra le dieci compagini di Super League. Ciò nonostante, ancor più di un anno fa, il 4 giugno a Berna il popolo bianconero sarà presente in massa a sostenere la squadra nella rincorsa a una storica doppietta. Per il momento, così è e tanto basta.