laR+ IL COMMENTO

Sopra e sotto il ponte (diga), divisi da una corsia

Nel Sottoceneri, sul PoLuMe Luganese e Mendrisiotto-Basso Ceresio la vedono in maniera diversa

In sintesi:
  • Il potenziamento dell'A2 tra Lugano e Mendrisio continua a far discutere
  • E a sud del sud cresce il movimento dei contrari 
In gioco c’è il futuro
(Ti-Press)
17 dicembre 2022
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Ognuno ha il suo Röstigraben. È capitato anche al Sottoceneri. Che negli ultimi tempi si è ritrovato diviso, pure lui, e su una questione di corsie... autostradali. Tutta colpa, dirà qualcuno, di un progetto con un piccolo acronimo – PoLuMe –, ma un grande impatto finanziario (di quasi 2 miliardi di franchi) e ambientale. Unito da un ponte – il Ponte diga di Melide –, questo territorio ha scoperto così di guardare a questa operazione messa a punto nelle stanze di Palazzo federale – è di venerdì il via libera del governo centrale ai piani di massima – dalle due rive opposte del lago Ceresio.

Sulla riva luganese, infatti, si è sposata subito l’idea sviluppata dall’Ustra, l’Ufficio federale delle strade, di usare la corsia di emergenza, lì nel tratto fra Lugano e Mendrisio, come ulteriore canale di scorrimento del traffico (almeno nelle ore di punta). Obiettivo, scongiurare colonne e imbottigliamenti e allontanare il viavai motorizzato dalle strade cittadine. Sulla riva momò, invece, il solo pensiero ha agitato immediatamente il sonno di molte persone, dentro le istituzioni e fuori, tra la popolazione. Due posizioni opposte che, a prima vista (e non solo), appaiono inconciliabili. Anche perché il movimento dei contrari – che va ben al di là delle realtà ambientaliste – è vasto e trasversale e ha già trovato agganci anche nelle associazioni che, Oltregottardo, stanno facendo la stessa resistenza ad altri progetti di potenziamento dell’asse autostradale.

Di fatto si è davanti, quindi, a due visioni diverse. Due modi di guardare a un’altra mobilità possibile. L’unico elemento in comune, a ben vedere, è la volontà di svincolarsi dalla morsa del traffico. Sul come, la discussione è aperta. Anche se adesso le due Commissioni regionali dei trasporti – quella luganese, in linea con Consiglio federale e Consiglio di Stato sul dossier PoLuMe; e quella del Mendrisiotto e Basso Ceresio più circospetta sulla soluzione della terza corsia dinamica – sembrano decise a (ri)aprire un dialogo. In gennaio prossimo è già stato fissato un incontro per tornare sul discorso. In che misura i due gremi riusciranno a tendersi un... ponte, resta ancora da vedere.

Il Mendrisiotto e il Basso Ceresio, del resto, in questa operazione hanno molto da perdere in termini di ambiente, paesaggio e qualità della vita. Anche perché dai piani alti delle istituzioni si promette una soluzione al traffico di oggi con un intervento che sarà realtà nel 2042, se tutto va bene. E non è detto che, elaborato il progetto esecutivo e avviato l’iter per l’approvazione dei crediti, tutto fili liscio. Il fronte del ‘no’ è pronto ad andare fino in fondo. Sull’onda dei contrari al di là delle Alpi, è ‘verosimile’, ci è stato confermato, che si arrivi anche a lanciare un referendum. Così come si intende già fare nella Svizzera interna quando, l’anno prossimo, si voteranno i primi investimenti sul primo pacchetto di opere legato al Programma di sviluppo strategico delle strade nazionali (Prostra).

Mai come prima, del resto, la cittadinanza è allergica a nuove strade e ad altre spese per rafforzare la rete stradale. Soprattutto là dove si è pagato e si paga il prezzo più alto all’inquinamento (atmosferico e fonico) e al sacrificio territoriale.