il commento

Schlein rimette ‘il sacco in spalla’

La candidatura della ticinese può dare nuova linfa a un Pd caduto sempre più in basso, mentre in Italia c’è il governo più a destra della Repubblica

In sintesi:
  • Grande passione, linguaggio moderno, freschezza. Basterà contro Bonaccini?
  • Lo schleinismo già esiste, ma l'interessata dice che non dovrebbe esistere
  • Ora vedremo il reale peso delle nuove generazioni in un contesto paludato come il Pd
Elly Schlein (Keystone)
6 dicembre 2022
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Tra i viottoli dissestati del centro romano, nei pochi metri tra Piazza di Spagna e Fontana di Trevi, il "Nazareno" è un improvviso slargo su cui si affaccia da un decennio la sede del Partito democratico. Scelta casuale, sicuro. E tuttavia quel nome evangelico sembra anche evocativo, di un cammino politicamente doloroso, che può portare a una via crucis piena di spine ma... senza resurrezione finale. Destino di diversi leader Pd che da quelle stanze sono transitati, per finire inesorabilmente nella polvere. Polvere pesante come cemento, se oggi l’Italia è guidata dal governo più a destra della sua storia repubblicana, che fronteggia con agio un’opposizione che fu di centro-sinistra, e che oggi non si sa cos’è: che si consuma nella sua paralisi, che si muove solo per lacerarsi, e che non pochi già vedono incamminata sul sentiero dell’irrilevanza elettorale ‘alla francese’ (gli eredi di Mitterrand finiti sotto il 2 per cento).

Adesso a quel ‘Golgota’ che porta al ‘Nazareno’ si candida Elly Schlein. La deputata eletta sotto egida Pd, luganese per origini, lo ha annunciato domenica. Ma con un discorso di una freschezza, di una intensità, di una passione, di un linguaggio, di un ‘ottimismo della volontà che ne rispecchiano il temperamento, e fanno giustizia di evocazioni che possono indurre a cattivi presentimenti.

"Parte da noi", è stato il titolo-slogan del suo intervento, in cui ha annunciato la decisione di riprendere la tessera del Partito democratico per affrontare la rissa del Congresso e delle ritrovate (si spera non precotte) primarie per la leadership. Espressione – ha affermato – di ‘un nuovo campo di giustizia, progressista, ecologista, femminista, inclusivo e partecipato’ da cui nessuno deve sentirsi escluso: soprattutto coloro, e sono tanti, che dal partito malato di ‘governismo a tutti i costi’ si sono sempre più allontanati.


Schlein è stata parlamentare europea (Keystone)

Sia chiaro: non sappiamo se oggi il principale partito (in piena crisi) della sinistra italiana trovi davvero e accetti un leader ‘altro’; nemmeno sappiamo se la candidata abbia doti a sufficienza per allargare la sua platea portandola ben oltre quella soprattutto giovanile che le è favorevole; e nemmeno è certo – tanta è la novità dello stile e dei contenuti radicali – che sarebbe eventualmente in grado di governare le infinite anime di uno schieramento nato dalla ‘fusione a freddo’ fra ex comunisti e post-democristiani, centristi, riformisti, gattopardisti, residui marxisti e neo-blairiani.

Di sicuro sbaglia chi (per esempio Ernesto Galli della Loggia) liquida la Schlein come un ennesimo ‘brand’ commercial-politico, un semplice ‘marchio’ da contrapporre a quello spacciato dal suo maggior rivale, Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, di cui fino a ieri è stata vice, e con cui aveva respinto l’assalto leghista nelle ultime elezioni regionali.

Non è affatto così. Il "renzismo" del favorito Bonaccini è tratto politico accertato, e su di lui possono evidentemente convergere le infinite manovre, i personalismi, gli interessi, i piccoli poteri e i giochi correntizi che ammorbano il partito. Lo ‘schleinismo’ (che in realtà l’interessata dice non dovrà mai esistere) è qualcosa che da questi schemi deve invece uscire per avere un futuro. E pace se la Elly che si ‘rimette il sacco in spalla’ per girare l’Italia non dovesse spuntarla al primo tentativo. Ci sono le prossime elezioni. Ma soprattutto le prossime generazioni.