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Cassa malati, sogno (o chimera) di un pomeriggio autunnale

L’annuncio dei premi 2023 è senz’altro un brutto risveglio. Abbondano le motivazioni che spiegano la stangata, mancano le soluzioni

In sintesi:
  • Alcuni problemi strutturali andrebbero, una volta per tutte, affrontati dalla politica federale
  • C’è però un grosso conflitto che sta a monte della questione 
Il consigliere federale Alain Berset durante la conferenza stampa a Berna, quella vera
(Keystone)
28 settembre 2022
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Ho fatto un sogno. Alain Berset entra nella sala stampa di Palazzo federale, si sbottona la giacca e prende il suo posto. Il portavoce Simonazzi è pronto per le solite premesse, ma viene bloccato dal ‘ministro’ della Sanità: oggi niente introduzione. "Gentili signore, egregi signori, sono qui per comunicarvi che il Consiglio federale ha raggiunto un accordo con gli assicuratori malattia – annuncia Berset –. Le casse hanno deciso di procedere a un importante scioglimento delle riserve in eccedenza, anziché destinarle alla speculazione sui mercati finanziari: ciò renderà possibile compensare interamente il prospettato aumento dei premi per il 2023". I giornalisti restano attoniti. Qualcuno dalle ultime file riesce a porre una domanda: come si spiega questa decisione? A rispondere sono i presidenti delle due principali organizzazioni mantello delle casse malati, il ‘senatore’ Josef Dittli di curafutura e il consigliere nazionale Martin Landolt di santésuisse: "Si tratta di un gesto patriottico, resosi indispensabile viste le difficili circostanze che stiamo attraversando; un contesto che sta mettendo in serie difficoltà tante famiglie", osserva Dittli. "Un gesto – aggiunge Landolt – totalmente compatibile con la nostra mission (nel sogno lo dice pure in inglese), che è quella di tutelare la salute dei nostri assicurati".

No, le cose non stanno così. La conferenza stampa a Berna, quella vera, è senz’altro un brutto risveglio: a livello nazionale l’aumento medio dei premi l’anno prossimo sarà del 6,6%, in Ticino addirittura del 9,2%. Le motivazioni sono diverse: da un lato gli strascichi finanziari della pandemia. Dall’altro questioni strutturali che andrebbero, una volta per tutte, affrontate dalla politica federale: l’incremento dei costi legato al progressivo invecchiamento della popolazione, la mancata entrata in vigore del progetto Efas per la ripartizione delle spese delle cure ambulatoriali, il sovraconsumo di prestazioni e la sovrabbondanza di offerta sanitaria che si alimentano reciprocamente.

C’è però un grosso problema che sta a monte. Lo ha spiegato bene a ‘laRegione’ pochi giorni fa il consigliere di Stato Raffaele De Rosa: il direttore del Dss ha parlato esplicitamente di un conflitto d’interessi nel modello del parlamento di milizia. "Il sistema non è più sostenibile, il lobbista partecipa e dibatte incassando pure il gettone di rappresentanza dalla cassa malati per cui lavora". Per De Rosa tali persone "non dovrebbero né votare né discutere su questa materia". Invece lo fanno.

È chiaro che le casse malati non sono l’unico caso in cui si manifesta tale conflitto, ma resta uno degli esempi più eclatanti. Il potere legislativo, d’altronde, non è altro che il terreno politico in cui si confrontano interessi contrapposti già presenti nella società civile; risulta evidente quanto, in un simile consesso, le ingerenze – le famose ‘lobby’– siano intrinseche al sistema.

Per ritrovare un’assemblea legislativa "pura" bisognerebbe forse viaggiare nel tempo fino all’Atene di Pericle. Ma anche lì, il diritto di voto riguardava soltanto i "cittadini". Personaggi che potevano dedicare il loro tempo alla politica dal momento in cui il loro sostentamento era garantito dalla proprietà della terra e dal lavoro degli schiavi.

Purtroppo l’ideale di un parlamento di milizia che legiferi nell’interesse collettivo della cittadinanza, più che un sogno, sembra essere oggi una vera e propria chimera.

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