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Ungheria, tra sovranismo e testosterone

Un nuovo ‘studio’ del Parlamento asservito a Viktor Orbán dipinge surreali scenari di ‘crisi del maschio’, ultimo spauracchio sovranista

(Keystone)
29 agosto 2022
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Nel Paese europeo che, stando alla sua attuale leadership, più dovrebbe essere ‘maschio’ per meglio realizzare un virile sovranismo e un’orgogliosa purezza razziale, proprio il ‘maschio’ è in crisi. E per responsabilità di chi? Naturalmente… delle donne. Ci sarebbe da ridere e derubricare la faccenda tra le idiozie della nostra epoca. Se non fosse che la demente teoria (non poi così estranea anche a latitudini più occidentali) viene certificata addirittura da uno studio ufficiale del Parlamento ungherese, fedelissimo al premier illiberale e ‘conducator’ Viktor Orbán.

Così – non bastassero i rifugiati tenuti a bada da muri e filo spinato, l’omosessualità che corrompe i bambini, le pretese dell’Unione europea sul rispetto dello Stato di diritto, i nemici dell’ammirato Putin e i sostenitori dell’aggredita Ucraina – Budapest ha individuato una nuova minaccia. Sulla base di quali strambe constatazioni il genere femminile sta diventando una minaccia per il testosterone magiaro? Per cominciare, l’Ufficio dei revisori economici (sì, economici) della Camera segnala che negli ultimi dieci anni all’Università si sono iscritte più ragazze che ragazzi, e oggi sono al 54,5%. Poi, il tasso di abbandono dei maschietti è decisamente più elevato. Quindi, l’astrusa conclusione: in un futuro non troppo lontano la nazione sarà popolata da troppe donne laureate che sicuramente non troveranno uomini alla loro altezza, saranno perciò meno interessate a sposarsi e ad avere figli in un Paese già in rapida discesa demografica (oggi quasi dieci milioni di abitanti, soltanto 8,3 milioni tra un quarto di secolo).

Ma un punto cruciale del documento deve essere ancora segnalato. È il ruolo negativo attribuito alla cosiddetta ‘pink education’, cioè al fatto che la grande maggioranza del corpo docenti è formato da donne, le quali privilegerebbero tratti e profili femminili, mortificando le caratteristiche maschili, con presunte conseguenze sia sul piano sociale sia per l’economia del Paese. Sostiene il rapporto che in tal modo le competenze maschili vengono svalutate e i giovani "perdono la capacità di riparare un rubinetto, aggiustare un computer, montare un mobile"; viene svilita la loro maggiore inclinazione "all’assunzione di rischi e all’imprenditorialità"; corrono il rischio di "problemi mentali e comportamentali"; l’eguaglianza di genere "è fortemente indebolita", e sarebbe un bel guaio visto che "i tratti maschili sono indispensabili per lo sviluppo ottimale dell’economia" (rivelazioni del giornale di Budapest ‘Népszava’).

Non risulta che di fronte a questo allarme siano state avanzate proposte immediate e concrete per affrontare l’insidiosa minaccia. Ma inevitabilmente il pensiero corre veloce al ritorno almeno parziale della donna riproposta nel suo antico ruolo di ‘angelo del focolare’. Già tre anni fa, la Commissione europea per i diritti umani segnalava per l’Ungheria un netto arretramento in fatto di diritti delle donne, mentre, sempre nel 2019, l’unica ricetta di Orbán per far fronte alla galoppante denatalità, provocata anche dall’emigrazione, fu la promessa dell’esenzione a vita dalla tassa sui redditi per tutte le madri che si prendono cura di… almeno quattro figli.

Dopo l’appello alla purezza razziale, ecco il timor panico per giovani donne più studiose, più applicate, si spera anche più libere, ma considerate una minaccia per la fragilità maschile. Parliamo del faro, del ‘Paese guida’ del populismo nazionalista nel vecchio continente. Crisi del testosterone, ultima frontiera del nuovo sovranismo.

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