Misoginia, sessismo, razzismo, omofobia, culto della violenza. I suoi contenuti incarnano il peggio della società, eppure è una webstar. Chi è?
Convinzioni a dir poco reazionarie in ambito sociale, un utilizzo dei social media decisamente spregiudicato. E un pauroso numero di clic, una preoccupante parte dei quale di apprezzamento. È Andrew Tate, l’ultima incarnazione del male social. Il cörsivœ non lo parla, ma è altamente probabile che la professoressa Elisa Esposito fra le sue mani farebbe una brutta fine. E no, stavolta non siamo nell’ambito della parodia, della comicità, volontaria o involontaria che sia.
Trentacinquenne, e già questo è atipico per il canale (TikTok) sul quale è esploso negli ultimi mesi, è un ex kickboxer di nazionalità statunitense e britannica. Nelle clip che pubblica posa accanto ad auto da corsa super costose, armi, vantandosi di essere un playboy. E fin qui niente di diverso rispetto alla miriade di trapper che affollano il sottobosco musicale dell’Occidente. Con una differenza considerevole: quest’ultimi esaltano il consumismo più spinto in reazione a un, vero o presunto, passato difficile. Non c’è traccia di riscatto sociale nei contenuti di Tate invece, ma puro esibizionismo mascherato da ‘life coaching’ per veri uomini.
Contenuti che fanno rabbrividire. Le donne vanno picchiate, dice nei suoi video, definendole con i peggiori epiteti. Non va permesso loro di uscire, né di andare in vacanza, né di guidare. Per dar credito alle sue farneticazioni cita episodi del proprio vissuto. In un video insulta pesantemente una ex che lo aveva accusato di averla tradita, aggiungendo che andrebbe presa per il collo e riempita di botte. Ha dichiarato che le vittime di stupri dovrebbero assumersi la propria parte di responsabilità. In pieno scandalo #MeToo.
Inutile sperare che dietro a contenuti tanto sgradevoli ci sia ‘solo’ un personaggio. Questo il bilancio degli ultimi anni dell’ex campione del mondo nella vita ‘reale’: espulso da un reality show a causa di un video nel quale picchia una donna con la cintura («era solo un gioco», si giustifica); bannato da Twitter per post razzisti e omofobi; indagato, sebbene le accuse non siano sfociate in condanne, per violenza sulle donne. Lo scorso aprile, la polizia rumena trova nella sua casa nel Paese balcanico, dove si è nel frattempo trasferito, due donne, nell’ambito di un’indagine sulla tratta di esseri umani e sullo stupro.
La ciliegina su una torta già di per sé indigesta è l’enorme visibilità raggiunta. Più di 11,6 miliardi di visualizzazioni su TikTok ne hanno fatto la persona più ricercata in assoluto nel mese di luglio su Google. Questo, anche perché sono sorte una marea di fanpage che ne ripropongono le controverse foto, video e dichiarazioni. Ad averlo eletto proprio idolo, secondo la stampa d’Oltremanica, sarebbero soprattutto maschi adolescenti o poco più. Tra questi, migliaia di membri della sua Hustler’s University, comunità a pagamento attiva nel business delle criptovalute. Un fedele esercito, alla base del suo rapido successo: i suoi seguaci, tramite account fake e inondando la rete con le sue clip più provocatorie, avrebbero trovato il modo per "manipolare gli algoritmi", secondo gli esperti.
Definito un "pericolo per la radicalizzazione dei giovani maschi" da numerose associazioni femminili che ne richiedono il divieto sui social, Tate incarna una muscolosa offensiva marketing studiata a tavolino volta al proprio tornaconto personale, sfruttando le personalità in formazione dei giovanissimi con discorsi da censurare con fermezza. L’ultima, pericolosa, distorsione del mondo influencer.