La scomparsa di Calisto Tanzi e quella volta che ci accolse il commissario straordinario Enrico Bondi
Una pioggia di confezioni di succhi di frutta Santal. Così, in una calda giornata della primavera 2004, noi giornalisti venimmo accolti dal commissario straordinario Enrico Bondi, l’uomo che in pochi mesi riuscì a salvare dal fallimento la Parmalat di Calisto Tanzi. Nessuna dichiarazione alla stampa, alla ricerca di rassicurazioni per le migliaia di risparmiatori derubati da Tanzi e dai suoi accoliti, ma quelle bibite cartonate, che a ripensarci richiamano alla memoria le brioches di Maria Antonietta. Probabilmente, allora, quei succhi di frutta Santal erano un fondo di magazzino che rappresentava, meglio di qualunque report finanziario, il reale dramma di Parmalat.
Esploso, con una bancarotta fraudolenta da 14 miliardi di euro, praticamente un record europeo, a fine 2003, quando si scoprì, grazie a un fax della Bank of America, che il colosso agro-alimentare parmense non aveva più un soldo. Anzi, “in un inedito mix tra Totò Truffa e Wall Street”, come ha scritto Francesco Manacorda su Repubblica, i documenti che avrebbero dovuto dimostrare la liquidità di 4 miliardi di dollari di una consociata caraibica di Parmalat, venivano fabbricati artigianalmente dal direttore finanziario, Fausto Tonna, con forbici, carta intestata di Bank of America e fotocopiatrice. L’83 enne Calisto Tanzi, che stava seduto in cima a quel grottesco cumulo di bugie, è morto di tumore qualche giorno fa, dopo aver scontato solo in minima parte, a causa di una grave malattia, gli oltre 20 anni di carcere a cui era stato condannato per il crac Parmalat. Buona parte della condanna l’aveva trascorsa agli arresti domiciliari, nella villa di Collecchio, costruita negli anni in cui era entrato a far parte stabilmente, grazie anche all’amicizia con Ciriaco De Mita, della “Razza padrona” italiana. L’Italia, si sa, è il Paese di Cesare Beccaria e, quindi, a Tanzi, non venne riservato il trattamento che, negli Stati Uniti, toccò a Bernard Madoff, il finanziere dello “Schema Ponzi” da 65 miliardi di dollari, morto lui pure di tumore ma nel centro medico di un carcere federale, nonostante avesse chiesto di trascorrere gli ultimi giorni con i propri famigliari.
Tornando a Tanzi la sua parabola, iniziata con l’intuito geniale di creare una sorta di cartello del latte nella pianura padana, poi diventato una multinazionale con addentellati in Sudamerica, culminò con la presidenza del Parma calcio, vincitore di trofei in Italia e in Europa, oltre che in Formula Uno, con Niki Lauda perennemente immortalato con un berrettino recante le insegne del gruppo parmense. Politicamente, a parte le frequentazioni democristiane, fu uno sponsor di Berlusconi. “L’ho pagato, credo ci sia una fattura pagata da Parmalat. Venne da me un signore a chiedere soldi per la campagna di Forza Italia”, disse durante una delle udienze del processo a suo carico. “Più pubblicità alle sue reti che alla Rai”, si vantò. Ecco, oggi, mentre Calisto Tanzi è trapassato, Berlusconi è sempre sulla cresca dell’onda e punta addirittura a fare il Presidente della Repubblica. E c’è da chiedersi se sia peggio il “Totò Truffa” di Fausto Tonna o le decine di deputati di Forza Italia capaci di spergiurare in Parlamento che Ruby Rubacuori era la nipote di Hosni Moubarak.