A meno di sei mesi dalle presidenziali francesi, i partiti e i candidati finora manifestatisi sono già in corsa per sloggiare Macron dall’Eliseo
A meno di sei mesi dalle presidenziali francesi, i partiti e i candidati finora manifestatisi sono già in corsa per sloggiare Emmanuel Macron dall’Eliseo. Impresa fino a non molto tempo fa ritenuta possibile, ma ora considerata molto meno agevole. Grazie all’Europa, innanzitutto ai 39,5 miliardi di euro destinati alla Francia dal recovery plan, ma grazie anche al fatto che dal primo gennaio, per sei mesi, il presidente in carica presiederà l’Unione europea. Il che comporta un atout mediatico di cui i suoi avversari saranno loro malgrado sprovvisti.
Al momento i sondaggi danno Macron saldamente in testa, con l’eterna Marine Le Pen in seconda posizione, ma distanziata dal presidente di una decina di punti. La leader del Rassemblement National, l’ex Front National, è oltretutto marcata a vista dal giornalista e scrittore Eric Zemmour, che con le sue provocazioni di estrema destra sembra le stia giocando lo stesso tiro che Giorgia Meloni ha rifilato a Matteo Salvini. Finora Zemmour non si è candidato mentre lo hanno fatto, oltre a Macron e a Marine Le Pen, la sindaca socialista di Parigi, Anne Hidalgo, e il neogollista Michel Barnier. Un nome, il suo, che non dice un gran che ai francesi, visto che per buona parte della sua vita ha servito l’Ue come commissario europeo. Soprattutto, il 70enne Barnier è stato l’uomo che ha concluso l’estenuante negoziato della Brexit. Un risultato che tutti riconducono alla sua grande tenacia.
Ci vorrebbe un Barnier, vien da dire, per rilanciare la trattativa tra Berna e Bruxelles. O forse no, se pensiamo all’intransigenza che ha mostrato con Londra. Fatto sta che la Svizzera non lo riguarda. Il politico francese punta al bersaglio grosso. Il palmarès c’è tutto, il problema se mai è che Barnier, nonostante la statura atletica e il portamento elegante, viene considerato un po’ troppo legnosetto dai suoi stessi compagni di viaggio, forse un tantino gelosi della caratura che si è costruito negli anni. Le Monde, dal canto suo, seguendo un suo comizio a Neully sur Seine ne ha sottolineato il tono monocorde della voce. Ciò non toglie che abbia le idee chiare su alcuni dei cavalli di battaglia delle presidenziali. Ad esempio, sul tema dell’immigrazione da un lato difende la libera circolazione delle persone all’interno della Ue, dall’altro intende battersi per l’impermeabilità dei confini esterni dell’Unione. Su quel terreno tuttavia, considerate le posizioni di Le Pen e del non ancora candidato Zemmour, c’è già affollamento. Lo stesso Macron, di recente, ha dimezzato i visti concessi ad Algeria, Marocco e Tunisia, fintanto che non accetteranno di riprendersi i loro concittadini clandestini espulsi dalla Francia.
Tornando a Barnier, che nel frattempo si è già scelto un quartier generale dietro l’Eliseo affidando la direzione della campagna a un’ex consigliera di Chirac, non è detto che, nonostante la voce non da comiziante, non riesca a far valere il suo aplomb e la sua figura da persona per bene. Insomma, di qui ad aprile ancora tutto può succedere e sta a vedere che, alla fine, il signor Brexit potrebbe risultare l’unica persona di cui i francesi si fidino per acquistare un’auto usata.