Commento

L’Arsenal e i milioni del dittatore del Ruanda

Il club inglese si fa sponsorizzare da Kagame, il padre-padrone che condanna sommariamente gli avversari politici, compreso l’eroe di Hotel Rwanda

La maglia dell'Arsenal con la scritta "Visit Rwanda" (Keystone)
23 settembre 2021
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Visitate il Ruanda. Ve lo consiglia nientemeno che la costosissima manica della costosissima maglietta dell’Arsenal, club storico del calcio inglese caduto talmente in disgrazia da iniziare a fare danni anche fuori dal campo da gioco: abituati a dominare la scena all’inizio degli anni Duemila (li chiamavano “Gli Invincibili”), sono tredicesimi in classifica dopo aver iniziato il campionato con tre sconfitte, zero gol fatti e nove subiti. Insomma, non potrebbe andare peggio. Invece può.

L’accordo, datato 2018, era in scadenza, ma con una goffaggine e un tempismo degni degli interventi della squadra in campo, in questi giorni i vertici dell’Arsenal l’hanno rinnovato fino al 2025 (un accordo simile è stato siglato anche tra Ruanda e Paris St. Germain), stringendo la stessa mano che ordina cacce all’uomo e processi sommari: quella di Paul Kagame, ex guerrigliero, militare e - dal 24 marzo 2000 - presidente del Ruanda. Per molti uno degli uomini che ha portato fuori dalla guerra civile un Paese capace di trasformarsi in un mattatoio all’inizio degli anni ’90 (un genocidio con quasi un milione di morti) lasciando nei ricordi anche dei più distratti due nomi: Tutsi e Hutu, massacrati e massacratori, le due etnie che componevano e compongono il Paese.


Visit Rwanda è ora anche lo sponsor del Paris St. Germain (PSG)

In quegli anni bui, in cui in tutto il Paese si faticava a trovare un eroe, emerse la figura di un altro Paul, Rusesabagina, la cui storia era talmente esemplare da diventare un film di Hollywood, “Hotel Rwanda”. Rusesabagina, di etnia mista, era all’epoca assistente del direttore di un albergo di una società belga. Partito il direttore, rimase lui a gestire l’hotel, decidendo - e rischiando in prima persona - di ospitare centinaia di connazionali in fuga da morte certa.

Alla fine della guerra la sua storia divenne di dominio pubblico e lui una star con il soprannome roboante di “Schindler africano”. Anche grazie alla popolarità acquisito, Rusesabagina si è permesso a più riprese di criticare Kagame, che per ripicca gli ha messo in piedi un processo per terrorismo concluso lunedì con una condanna a 25 anni di carcere.

Dal 2002 tre potenziali rivali alla presidenza sono finiti tutti in galera, altri ribelli sono stati costretti all’esilio e poi assassinati in Sudafrica, Kenya e Mozambico, un altro ancora è stato trovato cadavere in un canale di Bruxelles. Insomma, mai mettersi contro Kagame, l’uomo che strapaga un ricco club della Premier League per attirare i ricchi occidentali nel suo Paese, tra i venti più poveri del pianeta, dove nelle aree rurali una persona su quattro non ha accesso all’acqua potabile.

L’Arsenal, che per principio s’inginocchia simbolicamente in campo prima delle partite per sostenere i diritti dei neri, per denaro poi s’inginocchia fuori davanti a un nero che affama i neri: la solita storia per cui “tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, come scriveva in un suo libro un tifoso dell’Arsenal, un certo George Orwell.

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