Era “scomodo”, forse perché osava far presente un’etica basata su due semplici principi: quello della reciprocità e quello dell’umanità
Quasi mezzo secolo fa, l’allora vivace e libero settimanale “Weltwoche”pubblicava una serie di articoli sui personaggi svizzeri definiti “scomodi”. Figurava tra i primi Hans Küng (poco dopo apparve anche Schwarzenbach, con il suo inforestieramento). Il giovane teologo lucernese, allora quarantenne, era già molto conosciuto. Per essere definito “scomodo” scombussolava di sicuro molti dogmi non solo della Chiesa, ma anche dell’economia e della politica.
Di Küng, deceduto più che novantenne martedì a Tubinga, dove ha insegnato a lungo, si son messi in luce l’intelligenza libera e lo spirito universale (katholikos, come dice il greco) che hanno messo in discussione insegnamenti, comportamenti o dogmi della Chiesa, generando forti tensioni con il Magistero, con due papi, attirandosi anche condanne, come la revoca (da parte di Giovanni Paolo II) della qualifica di teologo cattolico, manifestando così nella forma e nella sostanza ciò che minacciava la stabilità dell’istituzione: la libertà, la libertà di ricerca. Quasi che la teologia fosse orto chiuso ecclesiale e non attività speculativa sulle cose divine e sul loro rapporto con quelle umane e naturali. Quando sono forti e sostanziosi l’uso dell’intelligenza o le conferme della ricerca non ci sono però né potere assoluto, né dicasteri, né camarille curiali che riescono a stritolarti, come avviene spesso nelle stanze ecclesiali.
La libertà, la libertà nella ricerca è il grande valore che muove Küng per tutta la sua vita, senza cedimenti alle gerarchie, senza timori o compromessi o vischiose relazioni tipiche degli ambienti clericali per garantirsi una carriera. Che per lui, più giovane teologo partecipante al Concilio, sembrava già scritta, pari a quella di Ratzinger (chiamato a Tubinga per la docenza proprio da Küng). La libertà è la conquista e l’insegnamento più bello che escono da questo libero onesto lucernese: alle volte piace credere all’imprinting che ti lasciano il luogo e la storia dove sei nato. E forse per questo poteva anche permettersi di essere “scomodo”.
Perché “scomodo”? Forse perché osava far presente (in clima schwarzenbachiano, sempre attuale) un’etica basata su due semplici principi: quello della reciprocità (non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te) e quello dell’umanità (ogni essere umano va trattato umanamente). Forse perché invitava amministratori, banchieri, finanzieri, politici ad avere un galateo: “A qualcuno di voi l’idea di un galateo degli affari non piace o può sembrare strana o fuori moda; per quanto mi riguarda è di scottante attualità. La crisi attuale (2010) mostra in modo chiaro e brutale quanto siano necessari, oggi più che mai, standard etici validi e a livello mondiale”.
Il suo progetto per un’etica mondiale, sfociato in una Fondazione che ha lo scopo di sviluppare la cooperazione tra le religioni mediante il riconoscimento dei valori comuni e di un insieme di regole universalmente condivise, è oggi assunto, come suo obiettivo vitale, da papa Francesco. Capita spesso nella Chiesa (ma non solo) che sia la Storia a costringerla a dare ragione a chi passava per contestatore o demolitore e che essa condannava o bruciava. Capiterà ancora, si può esserne certi, anche per il lucernese universale Küng.