Tutto il 'non detto' della vicenda del mega-resort al Monte Brè sopra Locarno. Che non si rivolve (per ora) con la zona di pianificazione
“Prima di incontrare il principe azzurro... ci tocca baciare un sacco di rospi!”. Attorno al progetto di mega-resort al Monte Brè sopra Locarno non è andata esattamente come ha detto una volta Lella Costa: il principe – di un azzurro quantomeno sbiadito – è stato in effetti il primo ad affacciarsi sull’amena landa montana, raggranellando quanti più terreni possibile per la realizzazione della grande opera para-alberghiera. Quanto ai rospi, sono arrivati dopo. E quello più grosso se lo sono dovuti ingoiare i promotori dell’investimento, quando il Municipio, pochi giorni fa, ha comunicato la sua decisione di istituire una zona di pianificazione che per i prossimi 5 anni salvaguarderà l’intero comparto, in attesa di una modifica del Piano regolatore così come richiesto da un’iniziativa popolare di grande successo (quasi 1’900 le firme raccolte).
Una considerazione da fare è che lo “stop” ad ogni velleità immobiliare imposto dalla Città era l’unica soluzione politicamente sostenibile di fronte alle pressioni popolari esercitate fra gli altri da Pro Brè, Associazione Salva Monte Brè, Fondazione Weber/Helvetia Nostra, Associazione di Quartiere Solduno-Ponte Brolla-Vattagne, gruppo parlamentare interpartitico, politica locale eccetera. Tuttavia, nulla impedisce ai promotori del progetto di presentare comunque una domanda di costruzione. Se i suoi contorni saranno in linea con il futuro Pr per la zona montana (leggi eventuale riduzione degli indici di sfruttamento) rimane un punto interrogativo.
Nell’attesa, di questa vicenda tutt’altro che conclusa va comunque ricordato il grande paradosso che l’ha contraddistinta. Per mesi le sollevazioni popolari – viepiù estese ed eterogenee – si sono basate unicamente sul timore che prima o poi a Brè (e Cardada) succedesse qualcosa di grosso. Nulla di ciò che trapelava aveva il conforto di una conferma ufficiale: le informazioni arrivavano alla chetichella grazie all’ostinazione dei “ficcanaso” della “Salva Monte Brè” e al lavoro giornalistico condotto in primis dalla “Regione”.
Grazie a queste fonti si è saputo, nell’ordine: dell’esistenza del suddetto principe (poi smascherato come solo sedicente tale, nonché avventuriero ed affarista pseudo new age) salito al Monte a condurre le trattative con i proprietari immobiliari; dell’acquisizione, in tre distinti lotti, di diverse decine di migliaia di metri quadrati di superficie (che ora rischia di rimanere inutilizzata sine die); e di un primo progetto da mezzo miliardo di franchi, fra Brè e Cardada, riguardante un albergo “5 stelle superior”, con centro Spa e Wellness, due ristoranti, campi da tennis, decine di residenze sul modello “apparthotel” e possibilmente eliporto. Quale cornice per questo quadro, un lotto di investitori costituito da scafati immobiliaristi, ex dirigenti d’impresa e addirittura un miliardario svizzero-tedesco.
In seguito, nel perdurante deserto dei tartari delle informazioni ufficiali, si è appreso che il progetto era stato ridimensionato e aveva abbandonato Cardada per concentrarsi tutto al Monte Brè; e che la strategia di marketing condotta a livello internazionale, frequentando esclusive fiere dell’immobiliare in Costa Azzurra, continuava però a basarsi su informazioni superate, vecchie, “pompate” rispetto al reale stato delle cose.
Dulcis in fundo, la Augur Invest, holding alla base del progetto, ha improvvisamente cambiato nome, così come cambiata è la dirigenza della Sa. Insomma: il proverbiale stagno silente... aspetta il suo prossimo rospo.