Non si tratta di Madonna o no. Se lo dice un Bergoglio, la questione è un’altra. Non solo perché da qualche parte nel Vangelo c’è scritto che sono ben misere le fedi a cui necessita di “vedere”, ma per motivi più prosaici: se non quelli che già fecero diffidare del “miracolo” di Medjugorje un Wojtyla che pure di Madonne era intenditore devotissimo, almeno quelli su cui la storia recente potrebbe averci insegnato qualcosa. Dunque martedì, Bergoglio, in attesa del verdetto della commissione istituita da Joseph Ratzinger, pur senza pronunciare la parola Medjugorje, è stato abbastanza eloquente. “L'ultima parola di Dio si chiama Gesù e niente di più”, ha detto. Aggiungendo che “la Madonna non manda emissari”. Una pietra sopra le “apparizioni”, così sono state interpretate le parole papali. E sin qui l’argomento potrebbe interessare i soli credenti. Ma di Medjugorje – con tutto il rispetto per la dimensione individuale delle fedi che a una Madonna si rivolgono e senza voler forzare le parole del papa – è pur istruttivo interpretare la vicenda: il “miracolo” che di quel villaggio dell’Erzegovina fece un’isola di inverosimile benessere negli anni tragici della guerra jugoslava. Un fenomeno da 50 milioni di pellegrini in tre decenni; conversioni largamente mediatizzate; un business del sacro da far concorrenza a quello cresciuto sul culto di un’altra grande star della santità in epoca di oppio televisivo: Padre Pio. Con la differenza che Medjugorje è stata a lungo, tra il 1992 e il 1994 almeno, la postazione avanzata di un cattolicesimo in tuta mimetica, che riceveva una messe opulenta di “aiuti” da parrocchie di mezza Europa, mentre i suoi crociati, con la benedizione dei francescani locali, assediavano e riducevano in macerie (con dentro gli abitanti) la parte cosiddetta “musulmana” di Mostar, lo sventurato capoluogo dell’Erzegovina distante pochissimi chilometri. Molti ricorderanno come, in quegli anni, bastasse evocare la tragedia bosniaca per generare genuini sentimenti di carità. Là dove la madonna si era manifestata a sei ragazzini ora c’era la guerra, come si poteva non portare loro soccorso? Contando sulla notorietà delle “apparizioni” mariane, l’episcopato cattolico croato (che larga parte ebbe nell’ideologizzare le differenze confessionali prese a pretesto della guerra) riuscì a sollecitare la ricca solidarietà del cattolicesimo europeo. Si muovevano i convogli di aiuti, che la buonafede di chi donava immaginava destinati alle “vittime”. Vittime che a Medjugorje non erano esattamente coloro che li ricevevano. Erano semmai quei cenciosi “musulmani” ridotti, sulla sponda “sbagliata” della Neretva, a una vita catacombale; quelli che, come mi disse un “comandante” con crocifisso d’ordinanza al collo, “se non li fermiamo ci invaderanno e metteranno il velo alle nostre donne”. E mentre all’ora delle apparizioni frotte di pellegrini si affollavano attorno ai veggenti, sulla collina sacra poteva giungere l’eco degli spari delle armi pesanti. Senza che un miracolo arrivasse a fermarle.