Allerta in Ticino per il probabile e imminente arrivo del predatore di api e frutta. La ricetta degli apicoltori torinesi: ‘L’eradicazione lampo funziona’
Grazie a un microtrasmettitore trasportato da una vespa, hanno localizzato, non senza fatica, il temibile nido dei calabroni asiatici. La tecnologia del radiotracking, inventata peraltro in Svizzera, e le birre-trappola sono le strategie vincenti usate dagli esperti dell'associazione Aspromiele, che sono riusciti, fino a ora, in una missione quasi impossibile: una maratona, di nido in nido, per l’eradicazione lampo della vespa velutina (nota come calabrone asiatico) dalla provincia di Torino. «Questa avventura – ci spiega Alberto Pesavento, tecnico di Aspromiele – è iniziata a ottobre 2023, quando è stato trovato il primo nido della provincia di Torino».
Una apicoltrice attenta ha notato il calabrone asiatico intento a cacciare nel proprio apiario. «Senza perdere tempo, ce l’ha segnalato, innescando una serie di operazioni che ci hanno permesso di localizzare il nido grazie a una sofisticata tecnica di triangolazione delle direzioni di volo e distruggerlo. In seguito i nidi successivi sono stati ritrovati più rapidamente proprio grazie all’uso del radiotracking», ci spiega il cacciatore di calabroni asiatici.
Lo abbiamo incontrato a una recente serata sul predatore organizzata a Bellinzona dall’Associazione per il Rispetto e la Conoscenza delle Api (con il contributo della Federazione ticinese di apicoltura). Era presente anche il Gruppo di lavoro cantonale organismi alloctoni invasivi, che dovrà trovare un modo per sensibilizzare gli apicoltori sulla protezione delle colonie di api dagli attacchi del calabrone asiatico, o per conviverci visto che non se ne andrà tanto facilmente. Tra un mese sarà attivo anche un recapito email per le segnalazioni (vespa.velutina@ti.ch).
Verrebbe da dire tanta agitazione per un piccolo calabrone? Piccolo ma vorace a tal punto da rappresentare una grande minaccia per l’industria legata all’apicoltura, alla viticoltura e alla frutticoltura. Un nido può arrivare a mangiare 11 chili di insetti (un terzo dei quali api) ma anche frutta matura (uva, mele, pere). La sua presenza mette sotto pressione gli equilibri della biodiversità e rappresenta anche un problema di sanità pubblica: forma grandi nidi secondari sulle piante, che se si sentono attaccati, possono diventare pericolosi sia per persone, sia per animali. Inoltre, è temuta per la sua velocità nel colonizzare nuovi territori: apparsa in Europa per la prima volta nel 2004 a Bordeaux, probabilmente trasportata da un carico di vasellame per bonsai dall’Asia, oggi si è installata in almeno 16 Paesi europei.
La Svizzera è in una fase iniziale dell’infestazione, il primo calabrone asiatico è stato segnalato nel canton Giura nel 2017. In pochi anni, l’insetto ha voracemente conquistato, di campagna in città, molte regioni elvetiche. Nel 2024, i nidi scovati erano già 741. Tra i cantoni più colpiti: Ginevra (284), Vaud (198), Berna (58) e Giura (49) (www.calabroneasiatico.ch). È una corsa contro il tempo. In alcuni cantoni l’eradicazione non è già più possibile e si può solo cercare di contenere l’impatto su ambiente e persone. La notizia positiva è che nella Svizzera italiana non sono ancora stati scovati nidi. Nel 2020 è stata trovata una vespa a Ludiano (valle di Blenio). Allora le autorità conclusero che era stata trasportata, magari con un carico di legname e non aveva probabilmente creato colonie.
Ora ad allarmare è un nido distrutto lo scorso ottobre a Leggiuno (Varese), sulle rive del lago Maggiore, a pochi chilometri dalla frontiera. «È una macchina predatoria che si diffonde inesorabilmente. Il nido di Leggiuno mi toglie il sonno», ha commentato Lorenzo Sesso, presidente dell’Associazione tra i produttori Apistici della Provincia di Varese (Apava) e collaboratore dell’Ufficio veterinario cantonale. Il punto è che alcune regine potrebbero essere scampate alla distruzione. Infatti la produzione di regine inizia a settembre, un nido ne produce in media 200 (il massimo registrato è di 563). «Se dovessero superare l’inverno – precisa – non è da escludere che daranno vita a nuove colonie vicino al confine». Un’ipotesi che allarma autorità e apicoltori di qua e di là dal confine.
Apicoltori, giardinieri, selvicoltori, forestali, pompieri, viticoltori… bisogna tutti tenere gli occhi ben aperti: «È una grossa sfida. In questa fase per contrastarla è fondamentale il monitoraggio. Gli apicoltori devono osservare attentamente cosa succede attorno agli apiari: in autunno, sarebbe opportuno catturarle vive, così da poter rintracciare il nido. Mentre in primavera circolano le regine, che si nutrono prediligendo le camelie. In caso di avvistamento, è opportuno segnalare al più presto il ritrovamento (foto, recapito e coordinate) su www.apilugano.ch/velutina», spiega Daniele Besomi. Il presidente dell’Associazione per il Rispetto e la Conoscenza delle Api precisa che dove si è insediata fa danni colossali agli apiari, dei veri e propri supermercati dove le predatrici si riforniscono: «Fanno attacchi in massa, di regola entro 800 metri dal nido. Aspettano e attaccano principalmente le bottinatrici al ritorno. Le api capiscono che è pericoloso uscire e non vanno più a recuperare cibo, deperendo dentro l’apiario», precisa. La vespa velutina assomiglia a un calabrone nostrano, ma è più piccola, ha una colorazione nera diffusa su torace e addome, a eccezione di un’ampia banda arancione verso l’estremità, la parte finale delle zampe è gialla.
Purtroppo i nidi primari, di piccole dimensioni e abitati da pochi individui, passano facilmente inosservati, mentre quelli secondari, molto più grandi e popolosi, sono spesso nascosti a 20 metri di altezza dal fogliame degli alberi su cui sono costruiti. In Svizzera, per neutralizzarli, personale adeguatamente addestrato usa aste in carbonio (da 30 metri) iniettando anidride solforosa. In Francia si è stimato l’impatto economico: solo sull’apicoltura 30 milioni di euro annui, più altri 11,9 milioni di costi per la distruzione dei nidi. Una fattura complessiva sui 100 milioni (incluso diminuito rendimento delle colture). Una recente tecnica per difendere gli alveari sono le arpe elettriche, una sorta di telaio che tiene tesi dei fili elettrici scoperti, su cui passa corrente e quando un insetto li tocca, la scarica elettrica lo paralizza.
Lasciarsi conquistare alzando bandiera bianca o tentare di tutto? Gli apicoltori di Aspromiele: «Abbiamo scelto la via dell’eradicazione lampo, di nido in nido. Un modo per guadagnare tempo in una lotta impari», precisa Alberto Pesavento. L’espansione di questo insetto è inesorabile. «Rilascia le regine in autunno, così possono passare da un nido a venti, nel giro di 12 mesi».
Ci vuole tanto impegno e molte ore di volontariato ma la tecnologia del radiotracking (fatta dai colleghi Umberto Vesco e Chiara Visetti) sta dando i suoi frutti. Quando viene segnalata la presenza dell’insetto, gli esperti devono selezionare un esemplare su cui poter montare il sensore, un’antenna. Poi lo liberano e il segnale, tracciato grazie a un ricevitore, li porta al nido. Sembra semplice, ma non lo è. «Di solito solo uno su dieci si presta a trasportare l’attrezzatura, che non è un gps. Seguendo il segnale possiamo incappare in ostacoli, come ad esempio un uccello che si mangia la vespa», aggiunge.
Una volta identificato il nido si passa alla distruzione. «ll 75% è in cima agli alberi, anche a 20 metri di altezza, spesso nascosti dal fogliame. Per neutralizzarli usiamo aste in carbonio che insufflano permetrina». La fase successiva riguarda il trappolaggio con la birra. «Le attrae, così catturiamo le regine, riducendo il numero di potenziali nuovi nidi». L’elemento chiave è avere una segnalazione corretta. «Spesso arrivano da apicoltori, ma anche da viticoltori, visto che queste vespe si cibano anche di uva». Ogni squadra, continua, è composta anche da una decina di persone o più che lavorano in campo. «Lavoriamo all’osso e con risorse limitate». E non mancano i rischi. «Diventano aggressive a pochi metri dal nido e possono attaccare in gruppo. Ovviamente centinaia di punture possono essere mortali».