Ne mancheranno 2’300 entro il 2033. Una possibile soluzione è spalmare i compiti del medico su altre figure professionali, adeguatamente formate
In Svizzera mancano medici e infermieri, una penuria drammatica a tal punto che senza il massiccio e continuo afflusso di professionisti importati dai Paesi limitrofi europei il sistema sanitario elvetico sarebbe paralizzato. Di anno in anno, l’emergenza peggiora. Le proiezioni dell’organizzazione professionale dei medici svizzeri (Fmh) stimano che mancheranno più di 5’000 medici, tra cui 2’300 medici di famiglia entro il 2033. Più di un quarto dei medici elvetici ha superato i 60 anni e tanti tra loro devono, in tutta coscienza, continuare a esercitare la professione, perché non c’è ricambio.
I motivi sono diversi: la Svizzera non forma abbastanza medici (il ‘numerus clausus’ che limita il numero di studenti di medicina e una formazione completa costa 720mila franchi) e continuare a sottrarli ai Paesi limitrofi è eticamente discutibile e rischioso. Qualche giorno fa l’ospedale Sant’Anna di Como per ovviare alla fuga di sanitari verso il Ticino ha alzato la posta, offrendo 1’400 euro per un turno di lavoro – dodici ore consecutive – per anestesisti e rianimatori da impiegare nel Pronto soccorso e nel reparto di rianimazione e anestesia del nosocomio. Altro nodo: il ricambio generazionale. Non ci sono più i medici di una volta: c’è meno interesse per una professione dove si lavorano troppe ore e si soccombe sotto una notevole mole amministrativa: un terzo di chi studia medicina abbandona la professione dopo la prima esperienza clinica sul campo. Intanto si allungano i tempi di attesa per una visita medica: anche due mesi per un consulto dal dermatologo mentre in praticamente tutti i cantoni diventa sempre più difficile trovare un medico di famiglia, spingendo di fatto i pazienti a intasare i Pronto soccorso degli ospedali anche per bagatelle.
Chi è al fronte viene caricato all’inverosimile, infatti si moltiplicano burnout, insoddisfazione e riconversioni. Davanti a questi scenari, l’organizzazione professionale dei medici svizzeri (Fmh) traccia una possibile via: spalmare una parte degli attuali compiti del medico su altri operatori sanitari, adeguatamente formati. «Bisogna sfruttare il potenziale di tutte le professioni della salute, creando più sinergie tra medici, farmacisti, infermieri e assistenti di studi medici, formando questi ultimi in alcune pratiche mediche avanzate, così da sgravare i medici», ci spiega il dottor Philippe Eggimann, vicepresidente della Fmh.
Gli chiediamo di farci qualche esempio: «Il farmacista potrebbe ad esempio fare le vaccinazioni per i pazienti senza gravi comorbilità e alcune semplici anamnesi come diagnosticare un’infezione da streptococco. L’infermiere può gestire un paziente cronico nelle cure settimanali e richiedere l’intervento del medico solo quando c’è un cambiamento nel decorso della malattia». Ma se gli infermieri diventano competenti per pratiche mediche più avanzate chi farà il lavoro dell’infermiere? Per il dottor Eggimann bisogna rafforzare il ruolo degli assistenti di studio medico, i primi referenti per i pazienti, che eseguono su incarico analisi di laboratorio, radiografie, organizzano la gestione tecnica e digitale dello studio medico.«È una professione non abbastanza valorizzata. Eseguono già diverse attività su delega, direttamente dal medico, dovremmo sviluppare altre competenze».
Cerchiamo di capire quanto è grave la penuria. Dermatologi, reumatologi e medici di famiglia sono merce sempre più rara. Bisogna armarsi di pazienza perché la lista di attesa può essere lunga. Per il dottor Eggimann questo è sinonimo di penuria. «L’attesa varia a dipendenza delle specialità, fino a due mesi per un dermatologo, ancora di più per un reumatologo. Si fa meno coda dal cardiologo e dallo pneumologo. Nei cantoni di Friburgo, Neuchatel e Jura è quasi impossibile diventare nuovo paziente da un medico generalista».
Non c’è ricambio. Quando un medico si avvicina alla pensione fatica a trovare chi rileva la sua attività. Una penuria che si ripercuote forzatamente sui Pronto soccorso. «Chi si ritrova senza medico di famiglia e non trova un sostituto va a caricare le urgenze degli ospedali».
Non dimentichiamoci che tanti assicurati hanno un modello assicurativo alternativo col medico di famiglia, che impone loro di passare dal generalista per accedere allo specialista. «In teoria è una buona strategia, se si riesce però a trovare un generalista disponibile». Diversa la situazione per i medici: «Loro vedono aumentare il lavoro di coordinamento e hanno sempre meno tempo per i pazienti».
Altro nodo, le complicazioni amministrative, volte a dimostrare l’efficacia di ogni atto medico. «In Svizzera molti professionisti della sanità sono guardati con sospetto dalla collettività che li considera come unici responsabili dell’aumento dei costi della salute. Quando non è così. Di conseguenza, autorità e assicurazioni moltiplicano i controlli che non sono più a campione ma sistematici. Oggi i medici devono giustificare quasi ogni atto. Per molti, l’equivalente di un giorno a settimana va dedicato a questa burocrazia. Il che va a scapito delle ore da passare coi pazienti. Questo paralizza il sistema».
Un recente studio ha infatti dimostrato che un terzo dei giovani laureati abbandona la professione medica dopo la prima esperienza sul campo. «Determinante è l’aspetto amministrativo, che occupa una grande parte del tempo di lavoro. Tempo che invece potrebbe essere dedicato ai pazienti, per praticare una medicina che si adatti ai bisogni di ciascuno». Per il dottor Eggimann si sta sottostimando questa pressione. «Il risultato è catastrofico: la collettività ha investito più di 700mila franchi per formare questi medici che poi lasciano perché devono passare gran parte del loro tempo a riempire carte per giustificare il loro agire. Stiamo uccidendo il sistema».
Il mestiere di medico negli ultimi anni ha inoltre perso il lustro che aveva in passato. «Oltre all’aspetto amministrativo che occupa sempre più tempo, i giovani medici rifiutano una settimana lavorativa che si allunga fino 50-60 ore. Loro vogliono lavorare come il resto della società» spiega Eggimann. Tutto ciò frena il ricambio generazionale. Molti medici, soprattutto nelle valli, lavorano ben oltre l’età pensionabile (65 anni) perché non trovano nessuno che riprenda la loro attività. «Ad alcuni manca poco alla pensione, altri l’hanno superata da tempo, ma non vogliono chiudere perché, soprattutto in aree un po’ remote, decine, o centinaia di pazienti dipendono da loro. Non se la sentono di abbandonarli». Noi dell’Fmh, aggiunge, incoraggiamo i colleghi che possono a lavorare fino all’età di 70 anni.
È evidente, riprende il vodese, che il numero di posti di formazione deve essere aumentato in modo massiccio organizzando tirocini per gli studenti negli ambulatori dei medici. Ma ancora più importante è migliorare le condizioni quadro professionali. «Bisogna aiutare i medici, mettere loro a disposizione del personale che si occupi degli aspetti amministrativi. Quello che conta maggiormente è ritrovare il tempo per i pazienti». E tra le priorità, c’è lo sviluppo di pratiche avanzate, spalmando i compiti del medico su altre figure professionali adeguatamente formate.