Circa 800 giovani si spostano ogni anno in altri cantoni per salari migliori. Lì mettono su famiglia. Per avere più nascite va migliorato il mercato
I giovani continuano a partire. La fuga di cervelli dal Ticino (se ne vanno in 800 l’anno) sarebbe il vero nodo da risolvere, se il Cantone vuole tentare di invertire il pericoloso trend di denatalità. C’è chi se ne va perché non trova posti di lavoro adeguati, chi cerca salari migliori, anche chi vuole vedere il mondo. In una società già meno propensa a mettere al mondo dei figli, si somma l’esodo di giovani che poi mettono su famiglia fuori dal Ticino.
In un cantone dove il motore demografico per anni sono stati gli stranieri, i nodi stanno venendo drammaticamente al pettine. Con la misera quota di 6,9 nascite ogni mille abitanti, il nostro cantone è tra i fanalini di coda a livello svizzero (dove la media si attesta al 9,3). Ma non solo: il saldo tra nascite e decessi della popolazione ticinese è in rosso.
Per uscire da questo «inverno demografico» – che ha impatti catastrofici sul sistema pensionistico, sui costi sanitari e sulla manodopera (che manca) – Claudio Isabella e Alessandro Corti, deputati del Centro in Parlamento, hanno suggerito un poker di iniziative: cambio culturale (‘avere figli non deve essere considerato un peso ma un valore aggiunto’), sostegno alle famiglie (aumentare gli assegni familiari di cento franchi per i residenti), conciliabilità lavoro-famiglia e giovani (con misure concrete come asili nido in azienda gratuiti per ceto medio e basso) e alloggio (con incentivi per le strutture a misura di famiglia).
Il tema dello sviluppo demografico e la sua responsabilità andrebbe attribuito a un singolo Dipartimento. Ma siamo sicuri che queste ricette aiuterebbero effettivamente a invertire la tendenza? Analizzando attentamente i flussi demografici, Elio Venturelli, per 30 anni direttore dell’Ufficio cantonale di statistica Ustat) sottolinea che il vero punto dolente è appunto la fuga di cervelli verso cantoni con posti di lavoro qualificati e salari adeguati che in Ticino questi giovani non trovano, probabilmente per la presenza massiccia di frontalieri.
«Se poi si considera che l’esodo dei giovani si è accentuato in questi ultimi anni, aggirandosi attorno alle 700-800 unità all’anno, il deficit di una natalità che si situa oggigiorno attorno alle 2’400 unità, è sempre più importante». Vediamo, cifra dopo cifra, cosa nasconde il problema della denatalità che preoccupa seriamente la politica.
Si fanno meno figli in Ticino, ma è un trend che riguarda l’Europa intera. Le nuove generazioni scelgono anche di fare meno figli, minando il patto generazionale
alla base del sistema sociale. La spaventa?
Il Ticino sta effettivamente vivendo un “rigido inverno demografico”, come dicono i promotori dell’iniziativa. Non sono mancati gli studi volti a capirne le cause, in particolare, ma non solo, da parte dei ricercatori dell’Ustat (Giudici, Borioli, Bottinelli), come pure sulle evidenti conseguenze che generano e genereranno gli squilibri intergenerazionali. Il Ticino si inserisce nelle tendenze che caratterizzano la demografia dei Paesi europei: forte invecchiamento, calo continuo della natalità. La maternità è in crisi, anche perché molti rinunciano ad avere figli (il figlio unico non è più un’eccezione); con lo spostamento dell’età di procreazione la fertilità diminuisce. C’è lo stress, l’infertilità legata all’inquinamento (ormai documentata scientificamente). Anche se si ricorre maggiormente alla riproduzione medicalmente assistita, ciò non basta a contrastare la tendenza. Penso sia il risultato di una società del benessere, di uno sviluppo della formazione della donna e del suo legittimo desiderio di emancipazione nel mondo del lavoro.
Altri Paesi hanno tentato la via dell’immigrazione per regolare la demografia. Anche in Ticino il motore demografico sono gli stranieri… non bastano a compensare chi parte e fa famiglia altrove?
Malgrado l’apporto importante della popolazione straniera (come illustrato nella figura a sinistra) il Ticino si trova da anni in fondo alla graduatoria federale per la natalità, oltretutto con valori analoghi a quelli della vicina Italia, che sono tra i più bassi a livello europeo. Penso che l’elemento determinante sia costituito dall’esodo dei giovani oltre Gottardo o all’estero.
Quale impatto ha la fuga di cervelli sul calo delle nascite in Ticino? Si può misurare?
Negli ultimi decenni, cioè dal 1990, il Ticino ha perso più di 11’000 giovani svizzeri in età tra i 20 e i 39 anni, giovani che si sono recati in altri cantoni o all’estero per formarsi o trovare un’occupazione confacente, opportunità che il nostro cantone non poteva offrire. Si tratta della fascia d’età più propensa ad avere figli. Se si considera che l’indice congiunturale di fecondità, cioè il numero di figli per donna per questa fascia di età è di circa 1.4, con queste partenze il Ticino ha perso diverse migliaia di nascite, eventi che hanno avuto luogo fuori cantone.
Un fenomeno che ha subito un’accelerazione negli ultimi anni?
È così. L’esodo dei giovani si è accentuato in questi ultimi anni, aggirandosi attorno alle 700-800 unità all’anno, il deficit di una natalità che si situa oggigiorno attorno alle 2’400 unità, è sempre più importante. È difficile effettuare una stima precisa di questo deficit annuale, pur disponendo di dati esaustivi sulla struttura per sesso ed età dei partenti: 200-300-400 nascite all’anno? Poco importa. Anche se si tratta di una stima grossolana, il nostro intento è quello di segnalare come questo esodo sia da considerare tra le principali cause della bassa natalità in Ticino, le cui conseguenze sono evidenti sulla struttura della popolazione (vedi figura a destra).
Ma allora, che fare?
Le proposte di facilitazioni finanziarie, di potenziamento degli asili nido, di congedi parentali, di facilitazioni all’accesso alla proprietà, non sconvolgeranno la tendenza al calo delle nascite. Forse riusciranno a frenare o stabilizzare l’attuale situazione. Siamo di fronte a un cambiamento culturale. Fare figli non rientra più nelle priorità dei giovani. Come detto, è il risultato di una società del benessere, ma anche di una certa crisi dei valori.
Basterà che un Dipartimento si occupi di natalità?
Sarà un compito difficile. Se poi consideriamo che in Ticino è la particolare condizione del mercato del lavoro una delle principali cause della natalità bassa, il compito sembrerebbe più che arduo. Come trattenere i giovani, offrendo loro opportunità professionali allettanti, salari dignitosi, alloggi a costi accessibili, facilitazioni fiscali, con una struttura economica a basso valore aggiunto, con un’economia “ostaggio della frontiera”? Questi sono i nodi da sciogliere.