Più allievi con un QI sopra la media secondo lo psicopedagogista Giovanni Galli. Ogni settimana segue un nuovo caso in Ticino. Luci e ombre in un libro
Il maestro segnala a Mara che sua figlia Gaia disegna in classe mentre lui spiega. E vaga con lo sguardo come assorta nei suoi pensieri. A 4 anni, la bambina sa leggere e scrivere, ha imparato da sola. In classe, alle elementari, si annoia perché capisce tutto al volo, soprattutto la matematica e il ritmo è troppo lento. Non disturba la lezione o i compagni. Lei si isola nel suo mondo, viaggia con la fantasia, fa quello che ama: disegna, pensa a stelle e pianeti. Gaia fa parte di quel 3-5% della popolazione (circa 240-400mila persone in Svizzera) con un QI superiore a 130: quasi uno per classe. Ogni caso è unico, ma in generale i bimbi ad alto potenziale cognitivo ragionano in modo diverso dai compagni. Più precoci, veloci e intuitivi, saltano da un concetto all’altro, riflettono per associazione, con un insaziabile bisogno di sapere in specifici ambiti e con uno spiccato senso morale. La loro genialità può essere stimolata o venire castrata. Infatti, hanno difficoltà col ragionamento strutturato e sequenziale, che è quello su cui si basa il sistema scolastico. Dotati di una memoria eccezionale, faticano però a ritenere ciò che, per loro, non ha senso.
Il loro più grande incubo è la noia già alle elementari e la scuola può diventare un vero calvario. Doni e amarezze; luci e ombre. Un figlio ad alto potenziale è croce e delizia, tanto esigente intellettualmente quanto fragile emotivamente: candido, perfezionista, brillante, curioso, creativo ma può apparire anche pigro, disordinato, annoiato, insicuro, sognatore. Tanti docenti sono impreparati, la scuola in generale è impreparata, non sa valorizzare questi ragazzi. A dirlo lo psicologo e psicopedagogista Giovanni Galli, ex operatore del servizio di sostegno pedagogico, si occupa da 22 anni di alto potenziale cognitivo, tiene corsi, seminari in Svizzera e all'estero, fa valutazioni e consulenze. Segue due-tre nuovi casi a settimana, anche dall’Italia: «È raro che la scuola segnali un caso, perché il corpo docente non è sufficientemente sensibilizzato, di regola sono le famiglie, i pediatri o gli psicologi. Prioritario è fare un test psicometrico, riconoscere la situazione e accettarla. Essere ad alto potenziale è più complesso e diverso dall’essere più intelligente della media. Sentendosi diverso un ragazzo può svalutarsi», dice Galli. Il suo ultimo libro ‘Il lato oscuro della forza’ parla proprio di questo e racchiude oltre 20 anni di esperienza lavorando coi ragazzi e i genitori.
Bimbi prodigio, piccoli geni a volte poco stimolati a scuola, c’è anche tanta frustrazione in questi ragazzi?
Durante i seminari le famiglie raccontano anche le quotidiane fragilità emotive, sociali di questi ragazzi geniali. È l’altra faccia della medaglia che descrivo nel nuovo libro, tratta della fatica del genitore. Dove brilla il sole, c’è anche l’ombra. Faccio un esempio, questi bambini risolvono un’equazione immediatamente, ma non sanno spiegare il metodo di calcolo. Rischiano una nota bassa e la conclusione del maestro che non hanno capito nulla. In realtà non hanno assimilato il metodo sequenziale di soluzione del problema usato dal sistema scolastico. Si stima che un terzo circa finisce fuori dal seminato scolastico.
Una gran perdita. La scuola pubblica non funziona per molti di loro: si può fare di più?
Purtroppo oggi la scuola non può fare di più. Non ha mezzi e competenze. Ma dovrebbe fare molto, molto di più. La scuola è strutturata con modelli pre-Gutenberg, è una lumaca dentro le autostrade della comunicazione. È troppo normativa, non riconosce i loro talenti, il loro modo di ragionare che diverge dalla massa. I bimbi ad alto potenziale si annoiano in classe. Ci sono docenti favolosi e colleghi con enormi resistenze. Servono competenze specifiche, altrimenti è impossibile costruire un percorso con questi ragazzi e valorizzarli. Ogni settimana sono sollecitato da una famiglia ticinese, che chiede una consulenza per il loro figlio/a. Non trovano aiuto nella scuola pubblica. Servirebbe una sorta di accademia del talento dove si propongono attività per questi giovani brillanti.
Ma i numeri, ci sono?
Basta volerlo, perché già lo facciamo. I genitori di questi ragazzi organizzano corsi di astronomia, teatro, robotica, criminologia e splatter, scacchi… Sono seminari autofinanziati. Potrebbe diventare una sorta di dopo scuola.
Quale effetto ha la scuola sugli allievi ad alto potenziale? Cosa consiglia alle famiglie?
Seguo 2-3 nuovi casi a settimana, la metà viene dal Ticino. Osservo un leggero aumento dei casi, spesso mi vengono mandati da specialisti (pediatri o psicoterapeuti). Sono soprattutto ragazzi che si annoiano a scuola e non si sentono compresi. I maschi di regola disturbano, diventano iperattivi, birichini e molesti; le femmine diventano perfettine, si isolano nel loro mondo, possono covare rabbia e sentirsi in colpa per queste emozioni non espresse che spesso somatizzano con mal di pancia, di testa, eczema e altro ancora.
Questi ragazzi ragionano in modo diverso dai coetanei, lei racconta di una intelligenza fluida, di abilità a risolvere problemi, a cogliere connessioni. Ma c’è il risvolto della medaglia: emotivamente come sono?
Sono ipersensibili, assorbono come spugne tanti input e velocemente ne sono saturi. Quando è troppo devono ritirarsi per trovare il loro centro di gravità, per dirla alla Battiato.
‘Non so come ho fatto, ma lo so e basta!’ è una tipica frase di allievi plus dotati. Sono intuitivi, sanno risolvere equazioni complesse ma faticano a ragionare in modo strutturato. Come li aiuta?
In generale c’è una discrepanza tra qualità di ragionamento e qualità di esecuzione. Uso un’immagine, quella di guidare l’auto nel momento di punta, quando si deve rallentare, stare attenti agli altri. Alcuni sanno risolvere calcoli complessi in pochi passaggi, saltano i passaggi, non assimilano il metodo sequenziale di soluzione del problema usato dal sistema scolastico. Ma ci sono diverse strade per raggiungere lo stesso risultato. Li aiuto a organizzare il pensiero, disarticolando abitudini, affrontando compiti più complessi per non annoiarli.
Spesso a scuola si annoiano, come stimolarli?
Immaginativi e creativi, sanno gestire grandi quantità di informazioni in poco tempo, a stimolarli è la complessità, la sfida intellettuale. In classe vanno motivati con attività differenziate. Nutrire la loro curiosità intellettuale con programmi cuciti su misura, facendo attenzione a non cadere nella routine. Oltre ad approfondimento e arricchimento, l’altra parola d’ordine è accelerazione. Occorre rispettare il loro ritmo, evitando ripetizioni, puntando a programmi più condensati o complessi fino a salti di classe.
È vero che sono geniali, ma disordinati?
È quello che dicono molti genitori, descrivendo le loro camere con mille oggetti sparsi ovunque. Spiego loro che il pensiero si costruisce usando categorie e il disordine occupa memoria di lavoro. Più è vuota, meglio funziona. Per questo motivo usiamo Post it e facciamo la lista della spesa. Liberare spazio mentale da cose inutili permette migliori connessioni.
Perché spesso questi bambini giocano da soli?
Perché coi coetanei si annoiano, la loro immaginazione è più complessa e articolata. Mentre gli altri giocano a pallone, loro si interessano all’astrofisica. Giocando da soli faticano però a imparare a gestire certe emozioni. Anche se in classe sono apprezzati, tendono a vivere un sentimento di solitudine, non si sentono nel loro pollaio. Mi dicono anche che per loro i compagni non sono amici.
Che cos’è, allora, un amico per un ragazzo plus dotato?
Difficile rispondere. L'idea dell'amicizia evolve. Quello che ti sta seduto vicino. Poi quello che gioca al tuo gioco. Poi ancora, colui che ascolta e mantiene i segreti. Per un adolescente plus dotato è difficile trovare cose stimolanti da condividere coi coetanei. I genitori possono aiutarli a far crescere amicizie fuori dall’ambito scolastico.
Cosa altro consiglia alle famiglie di questi ragazzi?
Consiglio educazione, perseveranza e impegno. Se hanno un dubbio, è bene rivolgersi a un vero specialista. Questi bimbi hanno bisogno di stimoli, stimoli e stimoli. Aiuta portarli al cinema, a teatro, a vedere la cappella sistina, il planetario… E poi serve disciplina. Aiuta imparare a suonare uno strumento musicale, una lingua esotica, iscriverli, ad esempio, a un corso di karate.
Infine, ricorda un caso che l’ha colpita?
Sono tanti, ma ricordo un bimbo che in prima elementare, già leggeva e scriveva, e si annoiava. La sua grafia non era però pulita. Per stimolarlo, abbiamo iniziato a scriverci messaggi in codice, usando la crittografia. Ogni volta si doveva scoprire la chiave per codificare il messaggio e intanto imparava a scrivere. In un modo, per lui, stimolante.
Ecco alcuni indirizzi utili per approfondire ulteriormente il tema: