Il ministro della sanità De Rosa, preoccupato per l'aumento dei casi complessi: ‘Il ricovero dovrebbe essere l'ultima soluzione, non la prima’
Adolescenti ritirati sociali che scompaiono dai registri scolastici e non escono più di casa. È il nuovo volto di una crescente sofferenza giovanile che mette in scacco genitori, docenti, medici, educatori, psichiatri. Oltre duemila ragazzini sono seguiti dagli psicologi dei servizi pubblici, i ricoveri in psichiatria sono esplosi. Per entrare in foyer c'è spesso la lista di attesa, i centri di prima accoglienza in urgenza (come l'istituto Torriani) sono travolti da troppi casi, come pure i servizi sociali delle città, da Lugano o Locarno. La sfida è agganciare questi ragazzi e aiutarli a trovare la loro via per educarsi alla socialità. Altrimenti si rischia di perdere per strada una bella fetta di gioventù. Il punto è come farlo, con quale approccio. Se lo chiede anche il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità. «Stiamo analizzando il reale bisogno per dare risposte adeguate in termini regionali», anticipa alla Regione Raffaele De Rosa. I casi sono tanti, sempre più complessi, la soluzione del ricovero per consigliere di Stato deve essere l'ultima, non la prima. Il Dipartimento punta a interventi precoci, tempestivi, cercando di sostenere il giovane in difficoltà a domicilio. La coperta è già drammaticamente corta, si temono tagli. Il Governo non ha ancora deciso nulla. De Rosa insiste, dobbiamo investire nei giovani, ne va della coesione sociale. Siamo di fronte a una grossa sfida. Vediamo perché.
I ricoveri in psichiatria degli adolescenti sono quasi raddoppiati negli ultimi 6 anni: come legge queste cifre?
Sono numeri che preoccupano, osserviamo una crescente fragilità di famiglie e giovani, aumentano i casi complessi. Un malessere che probabilmente la pandemia ha amplificato e accelerato; un disagio fatto di difficoltà relazionali a diversi livelli (famiglia, scuola, lavoro) che può sfociare, per alcuni adolescenti, in un doloroso ritiro sociale. Ragazzi sofferenti che non si sentono adeguati, possono covare frustrazione, rabbia e la violenza può diventare anche autolesionismo. Questo ritiro sociale è una delle sfide più importanti per la coesione sociale. Dobbiamo affrontarlo uniti come ente pubblico e come società.
Questa è la sfida. Sempre più adolescenti ritirati sociali, che non escono più di casa. I servizi psicologici di regola non vanno a domicilio. Gli aiuti attuali rispondono ai nuovi bisogni?
È importante adeguare costantemente le misure. La protezione in un Centro Educativo per minorenni (Cem) può essere adeguata per alcuni, mentre per altri è più opportuno intervenire precocemente e a domicilio. Al riguardo sosteniamo diversi progetti: come ‘Parents as teacher’ dell'associazione genitori: sono famiglie che aiutano altre famiglie (con bimbi fino a 3 anni), in totale vengono sostenute a domicilio una sessantina di famiglie. Un altro esempio: ‘Una famiglia per una famiglia’ dell'associazione L’Ora che coinvolge una decina di nuclei nel Locarnese; l'obiettivo è aiutare una quarantina di famiglie. Abbiamo rafforzato il progetto ’Adoc‘ che ora conta 24 posti per facilitare una maggiore autonomia. Mettiamo risorse anche per sostenere, dopo la fase acuta in un Cem, la transizione in appartamento: durante la fase di transizione, i ragazzi sono seguiti da educatori con una presa a carico individualizzata. Sono tutti progetti recenti, innovativi, riconosciuti a livello federale.
Quindi la via è dare più sostegno a domicilio?
È da rinforzare, sono interventi complementari ai Cem e alle strutture per la fase acuta.
Più disagio giovanile, più casi complessi, inoltre si abbassa sempre più l’età. I servizi sociali di alcune città (da Lugano a Locarno) lamentano liste di attesa ai servizi medico psicologici, carenza di strutture educative per minori di 12 anni: come risponde a queste sollecitazioni?
Faccio una premessa: negli ultimi 15 anni, sono state raddoppiate le risorse per la protezione, abbiamo nuove strutture specialistiche e progetti innovativi, più sostegno educativo. Come il Centro Educativo per minorenni (si chiama Archetto) operativo a Mendrisio dal 2021 con 8 posti per ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Come il potenziamento della cellula educativa per minori all'istituto Torriani che accompagna 14 minorenni in famiglia e copre tutto il cantone. Come il progetto innovativo Top (time out prolungati) che dispone di un appartamento protetto per casi complessi seguiti da personale specializzato. Si è investito e fatto molto. Detto ciò, è innegabile che il disagio giovanile è aumentato. La novità è che stiamo sviluppando una pianificazione del settore.
Ossia, state valutando se le risposte sono adeguate ai bisogni?
Stiamo analizzando quale è il reale bisogno, come dare una risposta in termini regionali (un criterio importante ma non l'unico). Con una casistica sempre più complessa servono risposte specialistiche. Penso che la decisione, a volte necessaria, di un ricovero in un istituto o struttura acuta dovrebbe essere una soluzione straordinaria. Prioritario è intervenire in modo precoce, tempestivo, cercando di sostenere il giovane in difficoltà a domicilio, evitando la cronicizzazione del malessere. Bisogna capire bene quale è l’origine del disagio e intervenire gradualmente. Fondamentale è l'alleanza terapeutica con il giovane, la sua famiglia e tutte le figure che gli gravitano attorno.
Che cosa risponde a chi lamenta lunghe attese ai servizi medico-psicologici e psicosociali : andrebbero potenziati per rispondere in modo adeguato alle problematiche giovanili?
Stiamo approfondendo la questione. Il Governo ha formato un gruppo di lavoro interdipartimentale (tra Dss e Decs) per capire come gestire l'aumento dei casi complessi e quali risposte dare. Idealmente vorremmo dare una risposta tempestiva, adeguata e sempre più di prossimità, all'interno della propria rete sociale, educativa, familiare. Lo ripeto, ricoveri e sostegni psichiatrici dovrebbero essere l'ultima soluzione, non la prima.
Quindi, per ora, non li avete potenziati?
La nuova pianificazione sociopsichiatrica prevede un potenziamento progressivo in termini di risorse, con un rafforzamento degli SMP già prima dell’entrata in funzione della nuova unità di cura integrata per minorenni e dei centri psico educativi che raddoppiamo nel Luganese, rafforziamo a Stabio e Gerra Piano e avvieremo nelle Tre Valli.
Poi c’è la nuova Unità di cura integrata per minorenni prevista dalla Pianificazione sociopsichiatrica, già avallata dal Parlamento: a che punto siamo?
Saranno venti posti: 10 posti letto acuti, completati da 5 letti in day hospital (per prevenire la fase acuta o per concluderla) e 5 posti di trattamento a domicilio. Ci stiamo lavorando, la difficoltà che abbiamo è quella di trovare struttura e luogo adeguati. Dovrà essere vicino a uno dei 4 ospedali acuti.
Intanto, istituti e foyer sono cronicamente pieni. Al Torriani il personale non è sufficiente per rispondere adeguatamente ai bisogni dei ragazzi. E sono in affanno a gestire tutti i casi urgenti della cellula socio-educativa. Sono segnali che la preoccupano?
Raccogliamo questo malessere di chi è al fronte e si sente sotto pressione, lo capisco perché i casi aumentano e sono più complessi. Il dialogo è aperto, costante e regolare, non abbiamo mai fatto mancare sostegno e supporto a queste strutture, perché svolgono un ruolo molto importante. Aggiungo che non è sempre facile trovare specialisti e profili adeguati, quando le competenze richieste sono molto specialistiche.
Infine, il centro educativo chiuso per quei minori che necessitano di un contenimento momentaneo per essere protetti e per poter rilanciare gli aspetti relazionali e progettuali: quando vedrà la luce?
Il dossier è rimasto in stallo per anni, poi lo scorso anno si è sbloccato, il Parlamento ha dato luce verde a credito e ubicazione ad Arbedo Castione. Stiamo lavorando con la Fondazione Vanoni sul concetto educativo che stimiamo di sottoporre all'Ufficio federale di giustizia entro l’autunno. Con la loro approvazione possiamo avere i sussidi federali per edificare il centro. Poi dovremo iniziare la realizzazione. Ci vorranno almeno due anni.
Già oggi chi è al fronte dice che la coperta è corta. Sono previsti tagli a questo settore in vista del pareggio dei conti del Cantone nel 2025?
È prematuro, ne stiamo discutendo in Governo ma per il momento non c’è nessuna decisione. Come direttore del Dipartimento della sanità e della socialità ritengo questo ambito prioritario e sensibile. Investire nei giovani vulnerabili è un investimento per il futuro del ragazzo, delle famiglie e della società intera. È l'età della giovinezza, andrebbe vissuta con leggerezza e felicità, non dovremmo vedere certe situazioni. Siamo di fronte a una grande sfida, ne va della coesione sociale.