Anche in Ticino persone in formazione costrette a lasciare impiego e assistiti: secondo le nuove norme, non potrebbero infatti fatturare alle casse malati
Ha fatto discutere, nei giorni scorsi, la denuncia presentata dalla Federazione svizzera psicologhe e psicologi presso l’Ufficio federale di sanità pubblica contro l’associazione di assicuratori malattia Santésuisse, relativa al fatto che alcune casse malati rifiuterebbero di assumere le prestazioni fornite da psicoterapeuti in formazione tramite supervisori. Una situazione che rischia di privare migliaia di pazienti di una terapia e a causa della quale sono a rischio centinaia di posti di lavoro di terapeuti attualmente in formazione.
Tutto nasce dalla modifica di legge in vigore dal 1° luglio 2022 che inserisce la psicoterapia praticata da psicologi fra le prestazioni a carico dell’assicurazione malattia obbligatoria. In precedenza, gli psicologi psicoterapeuti, per poter fatturare le prestazioni alle casse malati, dovevano operare presso lo studio di uno psichiatra (dunque un medico) su delega di quest’ultimo: con il passaggio al sistema della prescrizione, invece, essi possono fatturare autonomamente. Affinché le casse malati si assumano i costi della psicoterapia, però, lo psicoterapeuta deve sottostare a una serie di requisiti, primo fra tutti l’aver svolto durante la formazione non più due, ma tre anni di pratica clinica di cui uno presso un istituto riconosciuto come formatore dall’Istituto svizzero per la formazione medica (Isfm), il che permette di ottenere il proprio codice di fatturazione Rcc. E qui le cose si complicano: come ci spiega Fabio (*), psicoterapeuta, in Ticino (cantone che, peraltro, richiede anche un’autorizzazione per praticare già come psicologo) gli istituti Isfm sono ben pochi, in tutto 15 fra strutture pubbliche e private. Di queste, solo due di categoria C, quella obbligatoria per chi intende specializzarsi in psicoterapia per bambini. I posti a disposizione per svolgere questo anno di formazione sono dunque molto limitati.
A complicare ulteriormente le cose, la comunicazione dell’Ufsp dello scorso 7 dicembre che precisava che, oltre agli ospedali, "le organizzazioni di terapia psicologica ambulatoriale possono impiegare anche professionisti in formazione post-laurea o professionisti che necessitano di formazione o professionisti che hanno bisogno di acquisire esperienza clinica per essere abilitati all’esercizio della professione". Dove per "organizzazioni", stando all’interpretazione in voga, si intendono studi di psicoterapia costituitisi come Sa o Sagl, gli unici, dunque, tramite i quali le prestazioni fornite da psicoterapeuti in formazione possono essere fatturate alle casse malati. Dal momento che l’Ufsp, peraltro, non è entrato in materia circa la proposta dell’Fsp di equiparare esplicitamente, ai fini della fatturazione, le prestazioni dei terapeuti in formazione a quelle dei professionisti già formati, si viene a creare una situazione di incertezza normativa in base alla quale molte casse malati, soprattutto facenti capo a Santésuisse, rifiutano di assumere i costi delle terapie.
Ciò ha finito per escludere i tanti studi di psicoterapia che avevano alle dipendenze psicoterapeuti in formazione, i quali dal 1° gennaio 2023 si trovano nell’impossibilità di completare il percorso di pratica clinica e, di fatto, senza un posto di lavoro e obbligati ad abbandonare i pazienti che stavano seguendo. Come nel caso di Chiara (*): "Lavoro da due anni come psicoterapeuta in formazione in Ticino su delega di uno psichiatra. All’approvazione della nuova normativa, avevamo concordato che sarei stata seguita da una psicoterapeuta con 5 anni di esperienza già presente in studio, essendomi già informata presso l’Ufsp sulla fattibilità e avendo ottenuto conferma in merito: poi a inizio dicembre è arrivata invece la pronuncia dell’Ufsp che circa l’assunzione di terapeuti in formazione menziona solo le organizzazioni e di fatto impedisce allo studio di tenermi in quanto il professionista dovrebbe assumersi i costi della creazione di una Sa o una Sagl. Ad aprile concluderò il mio percorso di psicoterapia e avrei bisogno di esercitare comunque ancora per avere i tre anni di pratica clinica richiesti dalla nuova legge, ma non essendo formata non posso esercitare se non sotto un’organizzazione: di fatto è un gatto che si morde la coda. Ho fatto delle ricerche, ho dei colloqui ma in altre zone del Ticino in cui difficilmente i pazienti da Locarno si recherebbero per un’ora di colloquio: ho 30 pazienti che seguo e a cui non so cosa dire, persone che ad oggi non sanno dove potranno proseguire la terapie perché, ovviamente, gli altri colleghi già formati sono già pieni e, salvo qualche caso più urgente, non possono farsene carico".
Una situazione simile a quella che sta vivendo Marika (*): "Dopo aver concluso la parte teorica della formazione, sono stata assunta a settembre da uno studio privato di psicoterapia in Ticino come psicoterapeuta in formazione, con l’accordo di fatturare le mie prestazioni sotto il numero Rcc del responsabile di stage. Adesso però, vista l’incertezza degli ultimi mesi, la mia posizione lavorativa si è fatta piuttosto fragile, perché non essendo lo studio un’organizzazione, non c’è la certezza che le casse malati sostengano i costi: ad oggi la maggior parte lo ha fatto, ma non è chiaro il trend, non sappiamo se, ad esempio, un domani possano tornare sui propri passi e chiedere i soldi indietro ai pazienti o magari allo studio, e in questo caso vi sarebbero anche delle perdite a livello economico. Per questo motivo mi trovo costretta ad interrompere il mio incarico lavorativo: questo implica dover tempestivamente comunicare ad un numero cospicuo di pazienti la necessità di troncare un percorso terapeutico che dura ormai da diversi mesi ed aiutarli a trovare soluzioni alternative. Chiaramente tutto questo ha delle conseguenze nefaste su questi ultimi e, a parer mio, non è accettabile. È giusto anche ricordare che questa situazione avrà, per quanto mi riguarda, un impatto sfavorevole dal punto di vista economico, in quanto mi troverò a non avere più un’entrata finanziaria e questo genera sicuramente molta rabbia e molta frustrazione".
La questione della fatturazione da parte dei terapisti in formazione non è l’unica criticità: con la nuova normativa, affinché la psicoterapia sia coperta dalla cassa malati occorre una prescrizione medica da parte del medico di base o dello psichiatra limitata però a sole 15 sedute, e ripetibile per altre 15 solo previo scambio di informazioni fra il medico che prescrive e lo psicoterapeuta. In totale, dunque, un massimo di 30 sedute fatturabili alla cassa malati. E dopo? Occorre chiedere alla cassa malati la garanzia della copertura successiva dei costi, e per farlo è necessaria una valutazione del caso da parte di uno psichiatra. "Ma 15 o 30 sedute sono un numero totalmente irrisorio", spiega Fabio, "per pazienti che praticano una seduta alla settimana vuol dire neanche un anno di terapia, e questo considerando che una terapia ben fatta richiede almeno 2 o 3 anni. Per i bambini, poi, le prime 15 sedute vanno via praticamente subito fra colloqui con i genitori, anamnesi e altre pratiche introduttive alla terapia vera e propria. Vuol dire dover passare sotto uno psichiatra, con tutto lo stigma sociale che questo comporta, e non si è neanche sicuri che la cassa malati accetti di proseguire la copertura dei costi".
Da noi interpellata, l’Fsp ribadisce che a suo avviso l’Ufsp si è espresso chiaramente sul fatto che le prestazioni degli psicologi-psicoterapeuti in formazione post-laurea devono essere coperte dall’assicurazione di base, e anche il Consiglio federale lo ha confermato, per cui la Federazione psicologi conta ora sull’autorità di vigilanza per garantire che Santésuisse adempia al suo mandato legale. Sul sito della stessa Fsp, però, si legge: "L’Ufsp sottolinea ancora una volta che le prestazioni dei praticanti possono essere fatturate tramite i supervisori di un’organizzazione di psicologi-psicoterapeuti". Dunque, ancora un richiamo esplicito a "organizzazioni": circa la necessità di chiarire quest’ultimo punto, dalla Federazione rispondono che, secondo la loro interpretazione, la norma è chiara e ricomprenderebbe anche gli studi individuali, ma che "ogni chiarimento ulteriore nella legge è benvenuto". In ogni caso, l’Fsp consiglia agli studi individuali di costituirsi comunque in Sa o Sagl: al riguardo, la Federazione offre ai suoi membri uno "Starter Kit" per aiutarli a diventare indipendenti, che in particolare contiene contratti standard e un documento completo che funge da guida nelle procedure amministrative, soprattutto per la creazione di un’organizzazione. Ai membri è inoltre raccomandato di cercare un aiuto professionale, se necessario, per trovare la soluzione migliore per il loro caso individuale.
Quanto al numero di persone coinvolte da questa situazione, non ci sono cifre esatte ma l’Fsp stima che attualmente in Svizzera vi siano 1’500 psicologi-psicoterapeuti in formazione che stanno curando più di 10’000 pazienti e molti di loro hanno dovuto interrompere il trattamento alla fine del 2022.
Santésuisse in una presa di posizione ribadisce di dare "grande importanza al fatto che i pazienti beneficino di una psicoterapia di alta qualità" e che questa sia fatturata "secondo criteri chiari". L’associazione degli assicuratori malattia punta a sua volta il dito contro "l’atteggiamento inflessibile" della Federazione psicologi, che rifiuta la proposta "pragmatica" dell’Ufsp di prolungare di un anno il modello della delega precedentemente in vigore. Per Santésuisse, il reclamo della Fsp è "incomprensibile" e "non contribuisce alla ricerca di una soluzione comune accettabile per tutte le parti interessate". Secondo gli assicuratori, le disposizioni al riguardo sono chiare: solo gli psicologi-psicoterapeuti autorizzati possono fatturare autonomamente le loro prestazioni a spese dell’assicurazione obbligatoria; non ci sono dunque le basi legali per l’assunzione dei costi delle prestazioni fornite da terapeuti in formazione, salvo che essi non siano impiegati da organizzazioni di psicoterapeuti, "che devono garantire che i loro servizi siano forniti da persone che soddisfano le condizioni definite, nell’interesse sia dei pazienti che dei contribuenti". Quanto al ricorso contro il tariffario provvisorio fissato dai Cantoni, che prevede una tariffa più alta per le prestazioni fornite dagli psicoterapeuti in formazione rispetto alla vecchia tariffa a pagamento Tarmed, Santésuisse osserva che "sebbene una tariffa provvisoria possa essere corretta in un secondo momento con una retrocessione, ciò non è possibile se le prestazioni fornite da terapeuti che non soddisfano i requisiti di ammissione sono già state rimborsate". Ritirare tale ricorso, come chiesto dall’Fsp agli assicuratori malattia, impedirebbe un chiarimento giuridico della situazione. "Per garantire il corretto funzionamento del sistema sanitario, è fondamentale che le regole sulla copertura dei costi siano chiare per tutte le parti coinvolte" affermano gli assicuratori.
(*) nome noto alla redazione