La Città ha vissuto un cambiamento politico, generazionale e al femminile al tavolo del Municipio. Nei due poli del Mendrisiotto le sfide sono ancora tante
Solo qualche legislatura fa nessuno ci avrebbe scommesso. Non a Mendrisio, almeno. Nessuno avrebbe mai immaginato che nel giro di quattro anni o giù di lì - a fronte di un mandato durato un quinquennio causa Covid - la Città non solo avrebbe visto cambiare volto ai quattro settimi del Municipio (tre dei quali in casa Ppd), ma persino il partito del sindacato, passato nelle mani del Plr dopo decenni di ‘dominazione’ Ppd. Invece, è successo. Il rimpasto c’è stato, eccome; tant’è che nella stanza che conta sono entrate non una ma persino due donne (dopo una lunga assenza). Non è detto, però, che l’era del cambiamento nella quale si è ritrovato catapultato il capoluogo sia proprio finita. Stando alle ambizioni dichiarate dalle forze politiche in lizza per le prossime elezioni del 18 aprile, le sorprese potrebbero non essere finite al tavolo dell’esecutivo e persino sulla poltrona del sindaco. Si vedrà. Facendo più di un passo indietro, e tornando al 2016, una elezione fa, quel rinnovo dei poteri comunali sembrava aver lasciato tutto come prima (o quasi). Eppure nello spazio di un paio di anni i primi segni del mutamento si erano già palesati. Sono bastati, in effetti, due referendum (e non se ne vedevano da un po’ da quelle parti) per sparigliare le carte. Né di fronte al progetto di riqualifica di piazza del Ponte (o meglio alla variante di Piano regolatore) nel settembre del 2016, né davanti alla privatizzazione delle Aim, le Aziende industriali della Città, nel marzo del 2017, la popolazione l’ha pensata come il Municipio. Uno scollamento tra istituzioni e cittadinanza che ha finito per convincere il già sindaco Carlo Croci ad abbandonare il campo e la politica; e la cui onda lunga ha dato vita, nel 2020, a una lista civica, una assoluta novità. È stata, del resto, un’uscita di scena inaspettata quella di Croci, che ha fatto capire in modo chiaro e inequivocabile che a Mendrisio era finita un’epoca. Da quel momento Palazzo civico ha aperto le porte a un profondo cambiamento politico e generazionale che, anno dopo anno, si è potuto misurare pure nel dibattito consiliare. Uno scossone che ha aggiunto vivacità e mutato, a tratti, pure il linguaggio (non sempre in modo positivo). Ma lì a rompere gli schemi, in passato, ci aveva già pensato la Lega.
Va detto, però, che questa ultima legislatura, sconvolta dalla crisi sanitaria, è stata quanto mai intensa. E lo è stata non solo perché ha visto portare a compimento alcune grandi opere: il riferimento naturale è al Centro di pronto intervento e al Centro culturale La Filanda, al campus Supsi e al nodo intermodale del trasporto pubblico (entrambi nel comparto stazione, in piena trasformazione). All’elenco in effetti vanno aggiunti la concretizzazione dell’Ente case anziani del Mendrisiotto (una prima) e il bilancio di genere. Una scelta di sicuro all’avanguardia, quest'ultima, che ha già ispirato la titolazione di vie e piazze al femminile: un esempio da seguire. Il mandato 2016/2020-21 ha mostrato, però, anche confronti-scontri accesi, che in questa campagna vissuta pur a distanza per il coronavirus si stanno infuocando. A cominciare a scaldare gli animi nella prima parte del quadriennio canonico era stato il destino del Centro giovani, rimasto al suo posto (nonostante gli strali di una parte dell’arco consiliare), e che si è rivelato un punto di riferimento importante per i ragazzi soprattutto di questi tempi. A far rumoreggiare (e non poco) sono, però, stati pure dei dossier rimasti incompiuti, come i documenti pianificatori e le piazze da riqualificare (anche in altri Quartieri, ad esempio a Genestrerio). I battibecchi non sono mancati neppure, come detto, sulla strategia dei Piani regolatori o sulle finanze. Con il primo incarti, sul tavolo la sfida del Piano direttore comunale, si giocherà lo sviluppo futuro del Comune, tra zone edificabili in sovrabbondanza, nodo del comparto di Valera (legato a un Piano di utilizzazione cantonale) e Parco di Villa Argentina, che per dirsi tutto intero resta in attesa di risolvere la pendenza ferma davanti al Tribunale di espropriazione. Con il secondo faldone, quello finanziario, si rischia per contro di litigare sul moltiplicatore - ora al 75 per cento, ma tira aria di aumento -; d’altro canto la Città dovrà letteralmente fare i conti con la sua disponibilità di cassa, che si è ridimensionata e che il Covid sta mettendo e metterà a dura prova con le crescenti necessità e difficoltà di cittadini e, soprattutto, piccole e medie imprese. In ogni caso, i 6 milioni e mezzo di disavanzo annunciati dai Preventivi 2021 pesano come un macigno. Esaurite le schermaglie elettorali, ai partiti toccherà quindi trovare forzatamente dei punti di contatto per aiutare il Comune a uscire dalle secche finanziarie senza dover rinunciare, più che alla attrattività della Città sul ‘mercato’ fiscale, a servizi sociali cruciali, ma che andranno rimodulati (volenti o nolenti). Nella ricetta, insomma, una buona dose di rigore non la toglierà nessuno.
Per il momento ogni gruppo, tra alleanze consolidate e nuovi soggetti politici, sta tirando la coperta dalla sua parte, a suon di rivendicazioni. Ci sono gli impegni presi - per la tutela del territorio e dell’ambiente (con tanto di risoluzione consiliare) - e i progetti ancorati all’aggregazione ancora da realizzare e che i Quartieri reclamano, anche a distanza di anni dall’unione dei dieci ex Comuni. E poi c’è un altro nodo dolente: i rapporti con il Cantone. E qui se si parla di contributi dovuti, la Città si sente penalizzata. Tant’è che in più di un’occasione dai banchi del Consiglio comunale (in particolare da taluni, anche di recente) si sono levate non poche lamentele, oltre all’invocazione di rivedere i patti; perché adesso è il momento di farlo. A Mendrisio si sente, poi, prepotente l’esigenza di riconquistare un ruolo centrale sulle questioni che vanno al di là dei confini comunali. L’essere diventati (con Chiasso) un’appendice di Lugano non va giù a molti (si legga i mancati collegamenti dei treni a lunga percorrenza con il resto della Svizzera). Allora bisognerà saper far sentire la propria voce, prima a Palazzo delle Orsoline, quindi (va da sé) a Berna. Tenendo altresì le antenne alzate: mancare l’appuntamento con certi documenti federali (e certe consultazioni) può costare caro. La Città non potrà tirarsi indietro neppure sulle tematiche regionali; e di questioni aperte ce ne sono, eccome, una su tutte il traffico che attanaglia il Mendrisiotto. Mendrisio e Chiasso riusciranno, però, a evitare il braccio di ferro sulle fermate degli Intercity? E quanto all’Acquedotto regionale, i Comuni ce la faranno a risolvere i problemi legati alle sostanze inquinanti affiorate, qua e là, in taluni pozzi del Distretto? Qui gli interrogativi (per ora) restano aperti.
Quello vissuto da Chiasso è stato un lustro senza particolari scossoni. Il Municipio scelto dai cittadini nel 2016 ha portato avanti la sua attività senza cambiare le persone. E gli uscenti – Bruno Arrigoni e Sonia Colombo-Regazzoni del Plr, Roberta Pantani della Lega, Davide Dosi di Us-I Verdi e Davide Lurati del Ppd – si ripresentano ai blocchi di partenza con l’obiettivo dichiarato di confermare la loro presenza nelle stanze dell’esecutivo. Poco, o nulla, è cambiato rispetto alla presentazione delle liste di un anno fa: non sono cambiate le persone e nemmeno gli obiettivi, con il gruppo Lega-Udc pronto al raddoppio e al sindacato. Cinque anni fa, quando la poltrona di sindaco era stata lasciata vacante da Moreno Colombo, l’assalto non era riuscito. Il Plr si era compattato, riuscendo a confermare la sua maggioranza. Cosa succederà tra un paio di mesi saranno i cittadini a deciderlo. Cittadini che nell’ultimo anno, a Chiasso come purtroppo nel resto del mondo, si sono dovuti confrontare con quel nemico invisibile – il Covid-19 – che dopo aver presentato il conto in ambito sanitario, si farà inevitabilmente sentire a livello economico.
Dopo il naturale periodo di assestamento – dettato dall’entrata in Municipio di tre nuove persone – il principale compito dell’esecutivo guidato per la prima legislatura da Bruno Arrigoni è stato quello di controllare una situazione finanziaria sempre più preoccupante, culminata nel 2017 con l’aumento del moltiplicatore d’imposta (dall'87 al 90 per cento). Aliquota che, senza il Covid, sarebbe verosimilmente già stata ritoccata verso il basso. Un atteggiamento sicuramente comprensibile da un lato – senza soldi non si investe – ma decisamente meno dall’altro. L’impressione è che Chiasso si sia accontentata di lavorare con quanto aveva a disposizione, perdendo slancio e arenandosi sul posto. Un atteggiamento che, a livello politico, non tutti hanno apprezzato. Tenendo sempre presente che il conto del Covid-19 si sentirà nei prossimi anni, l’esercizio per ora sembra essere raggiunto. Prova ne è che il preventivo 2021 stima un disavanzo “contenuto”, così lo ha definito il sindaco, di 189mila franchi. Per arrivare a questo risultato, il Municipio si è servito della consulenza esterna della IQ Center, chiamata a individuare misure di risparmio e a fornire una valutazione a 360 gradi dell’amministrazione e del Comune. Grazie a questo lavoro, ogni dicastero ha fissato obiettivi qualitativi e quantitativi. La più volte citata pandemia rischia di compromettere questo lavoro, toccherà al nuovo Municipio applicare ancora una volta un rigido controllo delle finanze, senza però perdere ulteriore slancio e ulteriori treni. E non solo quelli internazionali (leggasi gli Eurocity e gli Intercity che sono sempre più lontani dalla cittadina di confine).
Cinque anni fa il sindaco Bruno Arrigoni lo aveva detto: quella che ci stiamo per lasciare alle spalle sarebbe stata una legislatura per pianificare la Chiasso del futuro. E di progetti non ne sono mancati, anche se i tempi tecnici e della politica non sempre (praticamente mai) seguono la volontà degli amministratori comunali. Importanti passi in avanti sono stati per esempio effettuati per la Scuola di moda che nascerà nel comparto ferroviario, per l’area di svago gestita dal Comune Gleis 4 alla Piccola Velocità, così come sono state aperte le discussioni – anche a livello transfrontaliero, fatto non scontato – per lo spostamento dell’ultimo tratto dell’autostrada A2 sotto in una galleria sotto la collina del Penz. Di obiettivi a lungo termine, insomma, non ne mancano. Altri sono stati raggiunti, come il miglioramento generale della sicurezza. Fatta eccezione per qualche episodio puntuale, il nome di Chiasso è praticamente sparito dalle pagine della cronaca nera e anche il quartiere di via Odescalchi – teatro nel novembre 2015 di un delitto – è rifiorito grazie alla collaborazione tra pubblico e privato. Altri sono per contro falliti come la volontà di cedere la gestione dello stadio Riva IV al Fc Chiasso.
Sono in molti a chiederselo. Forse ancora di più ad auspicarlo. Quella che inizierà tra un paio di mesi dovrà per forza essere la legislatura del rilancio. Detto dei progetti a lungo termine, il Municipio di recente presentato le prossime tappe della riqualifica che andrà a migliorare la città. Dopo il comparto Odescalchi e la via Soldini, toccherà alla via Franscini e agli interventi provvisori che interesseranno Corso San Gottardo, Largo Kennedy e via Verdi. Restando nell’ambito della riqualifiche, resta ancora in sospeso il rilancio del centro Ovale, la struttura nata come centro commerciale e oggi (dal dicembre 2019) riconvertita per ospitare uffici e negozi al pian terreno. Un aiuto alla ripartenza di Chiasso arriverà con ogni probabilità dalle iniziative private in corso. Negli anni scorsi pubblico e privato sono spesso andati a braccetto. Gli ultimi progetti in ordine di tempo sono la demolizione dell’ex Fernet Branca, che farà spazio a un complesso amministrativo e il centro direzionale per le start up immaginato alla Ex Trecor.
Un altro capitolo che non ha avuto sviluppi è il progetto aggregativo della parte bassa del Distretto tanto auspicato da Chiasso, al punto da essere stato inserito nei programmi di tutti i partiti. Arrigoni non perde occasione per lanciare la palla, ma dai comuni vicini nessuno coglie l’assist. Un primo punto di partenza per sbloccare la situazione sarebbe capire perché nessuno vuole unirsi a Chiasso, preferendo lo scenario cantonale di un’aggregazione di tutto il distretto. Una questione di persone? Di mentalità? Di idee? Di scarsa attrattiva? Domande che restano in sospeso e che potrebbero trovare una risposta dopo il rinnovo dei poteri comunali, anche se sembra assodato che, senza una spinta dal basso, la situazione attuale difficilmente muterà. Alla luce dei fatti, la via scelta sembra essere quella della collaborazione e dei progetti intercomunali. Recenti esempi si sono visti con la partecipazione dei comuni vicini – con 200mila franchi ciascuno – alla riqualifica del Palapenz e con la creazione dell’Ente regionale per lo sport Mendrisiotto e Basso Ceresio. Che sia questa, in attesa di nuove indicazioni cantonali, la via da seguire anche per il futuro prossimo?