Di passaggio alla Cornèr Arena, l'ex portiere del Lugano e ora dei Columbus Blue Jackets racconta la sua avventura a stelle e strisce
A volte ritornano. Sebbene solo di passaggio. E così, anche Elvis Merzlikins alla Cornèr Arena ci ha fatto ritorno in questi giorni. Essenzialmente per togliersi di dosso un po' di ruggine in attesa che l'enorme macchina organizzativa fella National Hockey League si rimetta in funzione per la nuova stagione (ammesso che mai lo farà vista la situazione pandemica tanto al di qua quanto al di là dell'Atlantico). Ma, alla Cornèr Arena, il 26enne portiere lettone ci è tornato anche per rivedere alcuni di quelli che furono i suoi compagni di squadra fino al 2019. «È sempre bello tornare qui, in questo stadio, e scambiare qualche parola con alcuni dei miei ex compagni di squadra: la loro mancanza si è fatta sentire dall'altra parte dell'Oceano - racconta Merzlikins -. E sono anche contento di potermi allenare con questo gruppo: un ringraziamento particolare lo devo ai dirigenti del Lugano, che mi hanno dato questa opportunità: piano piano sto iniziando anch'io a ritrovare un po' di confidenza con il ghiaccio».
E che persona è oggi quell'Elvis Merzlikins che lasciava Lugano un anno fa per inseguire il suo sogno americano? Come di ha cambiato, se lo ha fatto, l'aria della Nhl? «Sì, l’America mi ha cambiato: in questo anno e mezzo sono diventato diverso: di questo me ne sono accorto pure io. Sono cambiato anche caratterialmente: questa mia avventura con i Columbus Blue Jackets mi ha fatto crescere. Certo, l’inizio è stato un po’ problematico. Sebbene fossi preparato a ciò che mi attendeva, anche dal profilo mentale, il primo impatto non è stato facile. Ma sono comunque riuscito a gestire bene quell’enorme ondata di emozioni e sensazioni che mi ha investito appena ho messo piede al di là dell’Atlantico. Poi, cammin facendo, mi sono tolto anche qualche bella soddisfazione. Ma, comunque, non ho raggiunto ancora niente: gli obiettivi che voglio raggiungere sono sempre lì davanti a me, e per arrivarcI so che devo ancora lavorare, e farlo ancora più duramente».
Che sensazioni hai provato varcare nuovamente i cancelli della Cornèr Arena? «È bello, è davvero una bella sensazione quella che ho provato tornando qui. Oltrepassare i cancelli della Cornèr Arena mi ha fatto sentire come se fossi tornato a casa, perché questa, in fondo, la sento come la mia casa. Mi mancava la squadra, mi mancavano i miei amici e la città. È sempre bello poterci tornare».
Per la tua ultima partita in bianconero alla transenna c'era Ireland, a cui è seguito Kapanen prima e ora Pelletier. E gli stranieri erano Chorney, Haapala, Klasen, Lajunen e Lapierre: solo uno di lor fa ancora parte della rosa: questo è un gruppo diverso rispetto a quello che hai lasciato nell'estate nel 2019... «Le squadre cambiano di continuo: nell’hockey è così che va. Arrivano nuovi giocatori, altri invece partono per altri lidi, e cambia anche l’allenatore… E quando cambiano così tante cose, è anche l’hockey stesso a cambiare: volti nuovi, e non da ultimo quello dell’allenatore, portano anche a nuove tecniche. È successo anche a Lugano: questa è una squadra sensibilmente diversa da quella che avevo lasciato. A essere cambiato è però anche l'atteggiamento di questa squadra: ora vedo molto molto più impegno da parte di tutti. Anche in allenamento: si lotta dall’inizio alla fine, e su ogni disco. Ed è un bellissimo gruppo.Eravamo già una bella squadra prima, ma ora vedo in questo gruppo un grande potenziale: sono convinto che potrà fare parecchia strada».
Che idea ti sei fatto del nostro campionato? «Onestamente non ho guardato la classifica, e dunque non conosco nel dettaglio la situazione. Ma che ci siano molte partite rinviate, anche all’ultimo momento, è sotto gli occhi di tutti, e per un giocatore non penso sia una situazione facile allenarsi per tutta la settimana pensando a una partita e poi ritrovarsi con la stessa annullata poche ore prima di scendere in pista. Giocare così è indubbiamente strano».
Avendo toccato con mano la realtà della Nhl, cosa puoi dire per rapporto al campionato svizzero? È davvero così la marcata la differenza tra queste due realtà? «È innegabile che ci sia una bella differenza tra i due campionati. In Nhl il gioco è nettamente più veloce, anche perché si gioca su piste dalle dimensioni ridotte rispetto a quelle europee. Lì ogni distrazione si paga carissima. E c’è poco tempo per riposare durante la stagione. È anche per questo che gli allenamenti sono più corti».
Una cosa in comune però rischiano di averla Nhl e campionato svizzero: le partite in assenza di pubblico… «Qui in Svizzera non ho mai avuto modi di provare sulla mia pelle un’esperienza simile, ma oltre Oceano mi è capitato di dover giocare in uno stadio vuoto. Certo, è una stranissima sensazione, ma per fortuna il ritmo frenetico della partita non ti lascia il tempo per farci caso. Soprattutto per un portiere, la concentrazione deve sempre essere massima su quando succede sul ghiaccio: devi tenere costantemente d’occhio il disco senza badare se in tribuna c’è la mamma piuttosto che la tua ragazza».
È più difficile per un portiere o per un giocatore stare fermi per così tanto tempo? «Sinceramente non saprei, anche perché non ho mai provato sulla mia pelle una situazione simile nei panni di un giocatore di movimento. Come portiere, invece, è difficile, perché la tua reazione la ‘spegni’ durante un periodo di inattività. Questa sensazione l’ho percepita appieno nei primi allenamenti qui alla Cornèr Arena: tutto mi sembrava più grande, l’attrezzatura era scomoda e avevo i piedi doloranti perché non più abituati a calzare i pattini. È una situazione strana. Ma con il carico di allenamenti che si fa qui a Lugano riesci comunque a togliertela di dosso».
In Svizzera, i campionati sono cominciati con tre settimane di ritardo rispetto a quanto inizialmente previsto. In Nhl, teoricamente, la stagione dovrebbe scattare a gennaio. Ma si comincerà davvero? «A essere sincero non ho grandi novità in proposito. Ho chiesto al mio agente di informarsi dall’organizzazione dei Blue Jackets per sapere quando è previsto l’inizio del campo di allenamento dato che devo organizzare per tempo il mio rientro, considerando che negli Stati Uniti dovrò anche osservare la quarantena. Bene o male dovrò dunque restare fermo circa una settimana: non è il massimo per me, ma ormai non posso fare altrimenti: prima potrò tornare sul ghiaccio, e dunque prima potrò trovare la mia forma ideale». Di fronte a tante incognite, qualcosa sembra comunque muoversi nella giusta direzione, perché nel fine settimana Elvis Merzlikins farà rientro negli Stati Uniti.