Ciclicamente si torna a parlare del futuro dell’aeroporto di Agno, uno scalo che fin dal 1963, da quando cioè passò in mano pubblica, non conosce cieli sgombri e rotte sicure. Vuoi perché sedotto e quasi abbandonato prima da Crossair e poi da Swiss (ex compagnie di bandiera, ora in mano tedesche), vuoi perché sfruttato da vettori più o meno solvibili (Darwin, Adria, Zimex, ecc) che tentano il colpaccio, cioè gestire l’appetibile tratta Lugano-Zurigo e poi falliscono, con tanto di debiti lasciati sui bilanci della Lugano Aiport. La società pubblica che gestisce lo scalo è in grosse difficoltà finanziarie. Città e Cantone corrono in suo aiuto con piani di rilancio e aumento di partecipazioni azionarie, ma i venti contrari che soffiano sulla pista luganese si stanno trasformando in tempesta, con la paventata chiusura entro l’anno, un inqualificabile danno d’immagine per il Ticino e centinaia di posti di lavoro a rischio. E dopo il danno anche la beffa: far partire in treno da Lugano i passeggeri per Zurigo Kloten.
Chiudere lo scalo luganese ai voli di linea, non solo sarebbe un madornale crack nel presente del nostro sistema di trasporti, ma si rivelerebbe una strategia fallimentare per il futuro della mobilità nel nostro Cantone. Già soffriamo del traffico al San Gottardo, con conseguente congestionamento della A2 e interminabili colonne nel Mendrisiotto, Luganese e anche nel Locarnese, con il collegamento autostradale veloce che rischia di slittare di almeno altri 20 anni. Certo, l’apertura della galleria ferroviaria del Ceneri permetterà un ulteriore trasferimento del traffico passeggeri e merci sui binari, ma dal punto di vista strategico, oltre che turistico ed economico, abbandonare un «hub» regionale come quello di Lugano significherebbe riportare il Ticino indietro di due secoli.
Il turismo d’affari richiede collegamenti veloci e aeroporti efficienti, non solo nelle grandi città. E le regioni produttive d’Europa, le eccellenze, come Zurigo, la Baviera, piuttosto che il sud della Francia o i Paesi nordici, hanno necessità di creare una rete fisica, oltre che cablata e wi-fi. Il viaggiatore internazionale poi pretende comodità, puntualità e sicurezza, qualità che solo un piccolo scalo regionale può garantire, magari attraverso convenzioni e accordi con i grandi «hub» europei, primi fra tutti Zurigo Kloten e Milano Malpensa. E anche per capitani d’industria, finanzieri, manager internazionali e globali, che per evidenti motivi hanno scelto il nostro Cantone come residenza, possono approfittare di uno scalo aereo praticamente sotto casa. Infine c’è il turismo classico, che oramai s’è orientato verso il mordi e fuggi: si atterra ad Agno il venerdì, si ammira il Ticino in un giorno e la domenica si riparte. Un aeroporto cantonale-regionale, dunque, è indispensabile.
Poi c’è un altro elemento che gioca a favore del mantenimento dello scalo luganese e anzi del suo rilancio. La mobilità sta cambiando pelle con una mutazione «green» e per certi versi rivoluzionaria del traffico merci e passeggeri. L’avvento di auto e in un futuro prossimo anche di bus elettrici è dietro l’angolo, ma anche i droni con passeggeri a bordo potranno riservare tra qualche anno qualche valida opzione di trasporto. E lo scalo di Lugano sarebbe un terminal perfetto per i cargo-droni che trasportano passeggeri o merci, avendo tra l’altro a pochi chilometri, in Riviera, un polo tecnologico nascente imperniato proprio sulle nuove frontiere dell’industria aeronautica. A Lugano un aeroporto c’è già: basta solo crederci ancora.