La parola pedagogia deriva dal greco antico paidagogos, il servitore che accompagnava i bambini verso la conoscenza. Anche in questa occasione l’etimologia ci invita a riflettere sul senso profondo del termine: un processo collettivo che guida attraverso strade sempre diverse, dove l’importante non è tanto il luogo d’arrivo, ma il percorso stesso e l’accompagnamento. Accompagnare è un gesto partecipato, perché si fa almeno in due, in un continuo scambio tra chi guida e chi si lascia guidare. La pedagogia, dunque, non è solo un mezzo, ma un fine: coltivare la capacità di costruire insieme.
È proprio questa natura collettiva, partecipativa e sociale della pedagogia a renderne urgente una difesa di fronte ai tagli budgetari preventivati dal Governo ticinese. La pedagogia è per antonomasia il contrario del pensiero lineare: non è un intervento che produce risultati immediati e quantificabili. Sostenere i dispositivi pedagogici (scolastici, residenziali o ambulatoriali) significa sostenere un baluardo contro l’individualismo sfrenato che riduce ogni relazione a una transazione e ogni cittadino a un consumatore.
Tutti, almeno una volta, siamo stati accompagnati. Ognuno di noi ha avuto il proprio paidagogos, qualcuno che ci ha guidati verso la conoscenza, verso una comprensione più profonda di noi stessi e del mondo. Oggi, spetta a noi raccogliere quell’eredità e farci carico del nostro ruolo. Siamo noi i nuovi paidagogoi: chiamati a costruire strade, a coltivare percorsi, a mantenere viva la possibilità di un accompagnamento autentico. Difendere oggi i dispositivi pedagogici significa riconoscere il valore di questo legame e tutelarlo, affinché le generazioni future possano camminare su strade che non conducono solo a risultati, ma a relazioni, crescita e condivisione.