Nel 2012, l’esercito svizzero svolge le manovre “stabilo due” ipotizzando disordini nei Paesi limitrofi. Il 2.II.2015 Le Matin ripubblica la lista di previdenza in caso di catastrofe consigliata da Berna. Con l’agitazione in Francia, ex militari come il capitano Fabre-Bernadac su Place d’armes, parlano apertamente della “guerra civile che arriva” e organizzano “comitati di vigilanza patriottica”. Il Resto del Mondo si rinforza e si coalizza contro l’Occidente mentre questa sfida la Russia e subisce il boomerang delle sanzioni, mercato Ue dell’elettricità, degrado di educazione e sanità, penurie di medicinali, si sottomette al Great Reset e all’Agenda 2030 dell’Onu. Le discussioni serie si tengono in... Turchia… La Nato dichiara che “il rischio di guerra non è più un’ipotesi teorica”. Soldati nordcoreani ricostruiscono strade nell’Ucraina russa? Soldati cinesi parteciperanno alle manovre in Bielorussia? Gli economisti spiegano che solo una guerra può risolvere il catastrofico debito pubblico occidentale e la Svizzera ha abbandonato la sua neutralità. Le intemperie colpiscono l’agricoltura e la nostra stampa avverte che “produciamo solo il 52% delle nostre derrate alimentari”. I vecchi ci ricordano l’ambiente degli anni 30. E noi? Non possiamo fare nulla: “Tanto fanno quello che vogliano”? No! noi possiamo prevedere un camino dove allacciare una stufa a legna e un orto e sostenere i nostri contadini. (È qui che i grandi predatori ridiventano un nostro concorrente). Dobbiamo rinvigorire la solidarietà. Se tutto va bene, tanto meglio, se no, l’aiuto reciproco è vitale. Però questo va preparato quotidianamente con scambi tra vicini, fiducia, dialogo… ma sì! Anche con l’aperitivo nel bettolino del paese.