laR+ Lettere dei lettori

Se io fossi, adesso, un docente

Incomincerei a dubitare di aver scelto la giusta professione, perché dovrei capire che ciò che io faccio non ha un valore e non capirei perché le statistiche indicano che i risultati della nostra scuola siano mica male, ma la gente non sia contenta.
A dire il vero, la nostra scuola subisce i corsi e ricorsi della storia: già qualche decennio fa, proprio quando delle statistiche la premiavano, come ringraziamento lo Stato decise di aggiungere, senza remunerazione, un’ora settimanale di lavoro ai docenti per far quadrare i suoi conti. Già decenni fa, la gente non era contenta di questa scuola che avrebbe dovuto offrire pari opportunità a tutti, ma che, alla fine, impediva ad alcuni di avere successo. La gente non era contenta di questa scuola piena di nozioni, piena di note che tagliavano le gambe ad alcuni.
La gente voleva che questa scuola si preoccupasse anche dei problemi di cui la società soffriva e che non sapeva come risolvere. Perciò la scuola si mise a trattare argomenti che la società non sapeva affrontare, come per esempio l’educazione sessuale e la giusta alimentazione.
Ma la gente si sentiva quasi giudicata dalla scuola perché sanzionava e misurava le capacità dei suoi allievi. Insomma, alla fine dell’anno scolastico la scuola diceva all’allievo come aveva lavorato: bene, così così, appena appena o, persino, male. Ma, la scuola aveva pensato al dramma che subiva quell’allievo che non aveva ottenuto la sufficienza? La scuola si rendeva conto che stava impedendo a un allievo di ottenere ciò che sempre aveva desiderato? Si rendeva conto che avrebbe impedito a un allievo di diventare medico, ingegnere,…? È ora che la scuola faccia un ulteriore passo avanti, affinché la gente non debba avere dei propri doveri.

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