Nel mondo contemporaneo il liberismo ha spianato la strada verso l’innovazione, la crescita economica. Tuttavia l’idealismo iniziale del libero mercato e della deregolamentazione ha condotto a una grande disuguaglianza, instabilità e alienazione. L’ascesa del liberismo ha promosso la competizione e l’efficienza economica, creando titaniche multinazionali, che alimentano uno scollamento sociale tra super ricchi e la maggioranza che fatica a sbarcare il lunario. I profitti sono saliti alle stelle, al prezzo di una disparità crescente che spacca le comunità e declassa le classi meno abbienti. Questa corsa verso la deregolamentazione è sfociata in una concentrazione di ricchezza, dove pochi individui possiedono risorse equivalenti a intere nazioni. Nel mentre, milioni lottano per ottenere cure mediche, istruzione di qualità e un tetto sopra la testa. La decadenza del liberismo si è manifestata anche nella mercificazione delle relazioni umane. L’interesse personale e la massimizzazione del profitto hanno eroso il tessuto sociale, dove il valore delle persone è stato spesso misurato dal loro potere economico anziché dalle loro virtù morali. Tuttavia, nel cuore di questa decadenza, sorge una speranza. Una spinta per riconsiderare il ruolo del liberismo nell’equilibrio tra progresso e responsabilità sociale. Un richiamo a una forma di capitalismo più umano, capace di garantire il successo economico senza compromettere il benessere collettivo. Un’evoluzione del liberismo che ripristini dignità umana, equità e sostenibilità. In conclusione, il liberismo ha rappresentato una forza motrice per lo sviluppo, ma la sua degenerazione ha evidenziato la necessità di una riflessione critica e di un cambiamento.