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La mia Unitas

Negli anni 1940 ebbi il pregio di assistere, inconsapevolmente, alla nascita (per così dire) di quella che sarebbe divenuta la Unitas (fondazione per ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana). In quel periodo solevo passare le mie vacanze ad Ambrì, accanto ad Alina Boriali, sorella di mio padre, la quale, quarantenne, aveva perso completamente la vista.

Riceveva regolari visite da parte di Tarcisio Bisi (anch’egli cieco), che si spostava, accompagnato, in Leventina con un valigione, dove metteva in vendita modesti articoli per raccogliere fondi in vista della realizzazione di un suo scopo preciso.

Nello stesso valigione portava i libri stampati in Braille, che lasciava in prestito ai ciechi. Fondò dapprima, a Tenero, una modesta dimora, che ospitava alcuni disabili, privi, oltre che della vista, anche di ogni senso, che gli permettesse di intendere e volere.

Erano amorevolmente assistiti da suor Clara Bisi, che compensavano appena con un pallido sorriso (da cui il nome del modesto stabile che li ospitava). Fu solo in seguito che grazie alla tenacia e all’iniziativa di Tarcisio, fu realizzato, sempre a Tenero, lo stabile ora intestato a suo nome. Ricordo pure le ore trascorse in sua compagnia, nella piccola biblioteca, per effettuare quelle che furono le prime registrazioni del libro parlato.

Il mio contatto con l’affascinante mondo dei ciechi prese avvio la prima settimana dopo il mio pensionamento, allorquando mi trovai sul Jungfraujoch col gruppo ticinese sciatori ciechi. Da allora furono 15 anni di intensa attività (sci, tandem, gite in montagna, nuoto). Dopo tutto questo potete immaginare qual è il mio stato d’animo di fronte allo scandalo che ha scosso la mia Unitas. Spero fermamente che qualche mente illuminata abbia a ridarle quella dignità che l’ha sempre distinta.