Seguivo le telecronache tennistiche di Gianni Clerici in coppia con Rino Tommasi con la devozione di un chierico prossimo alla consacrazione. Il gatto e la volpe, li chiamavano. "Il dottor Divago", così Tommasi definiva Gianni Clerici, capace di citare Dostoevskij (Delitto&Castigo) dopo un rovescio mancato da un tennista su una palla morbida servitagli su un piatto d’argento dall’avversario.
Sono pure andato a intervistarlo per la Rete 2 della nostra radio nella sua villa presso Como, ahimè tanti anni orsono, quando Martina Hingis si avviava sul viale del tramonto epperò stava nascendo la stella di Roger Federer. Ci siamo poi punzecchiati a lungo, quando il basilese aveva già inanellato slam su slam. Ma come? Scrivi che Roger è "il coppiere degli dei", però poi, quando si tratta di stabilire il migliore della Storia, dici che sì, è il più grande, aggiungendo tuttavia "ma solo della sua epoca"? Eehh, lui aveva una fissa su Bill Tilden (10 Slam: 7 US Open + 3 Wimbledon, mai sconfitto al di qua e al di là dell’Atlantico negli Anni 20/30) e, in ambito femminile, per Suzanne Lenglen (1899-1938), cui dedicò una tenera biografia con l’esplicito titolo "La Divina", in cui ricorda che, quando questa ballerina prestata al tennis era sotto 0-40, il babbo correva in suo aiuto con una generosa dose di cognac!
Tutto questo per significare la mia stima verso lo scriba Gianni Clerici.
Sul mio personalissimo taccuino (com’era solito esclamare Tommasi quando commentava la boxe) ci sono tuttavia altri due Gianni che possono perlomeno competere con lui: Brera e Mura. Curiosamente, il giornalismo sportivo italiano ci ha dato tre grandi Gianni. Che la terra sia loro lieve.