Per anni ho lavorato nel mondo del nucleare in Svizzera e all’estero. Ho così avuto modo, in diverse occasioni, di sentire o leggere delle vere e proprie eresie sull’argomento del nucleare. Il pubbliredazionale a pagamento intitolato “Il nucleare (e non solo): parliamone con cognizione di causa”, firmato da Alberto Siccardi e apparso su laRegione del 13 gennaio, si propone di parlare del nucleare con cognizione di causa, ma dimostra di non riuscirvi. Non voglio entrare nel merito dello scritto, ma semplicemente informare il lettore delle inesattezze in esso contenute: – Il disastro di Chernobyl non è stato “effettuato nel periodo di fermo della centrale …”, bensì durante lo spegnimento della stessa, cioè quando il reattore era (fin troppo) attivo. – Il disastro di Fukushima ha danneggiato il cuore dei tre reattori in servizio. Se anche gli altri tre reattori fossero stati in esercizio al momento dello tsunami, avrebbero subito la stessa sorte, visto l’abbattimento delle linee di collegamento ad alta tensione e l’inondazione dei servizi ausiliari e di 12 dei 13 generatori diesel d’emergenza. – L’affermazione “non hanno fermato neanche per un giorno il funzionamento delle centrali della stessa tipologia in Russia o in Giappone” è falsa: un anno esatto dopo il disastro, solamente 2 dei 54 reattori giapponesi erano in esercizio. – Nonostante sia stata “considerata la assoluta singolarità delle condizioni al momento dell’incidente e la reale affidabilità delle tecnologie”, il Giappone ha sospeso i 14 progetti di nuovi reattori che aveva in programma di realizzare e fatica tuttora a rimettere in esercizio quelli spenti dopo il disastro. Concludo girando la domanda posta in entrata dall’articolista: “Ma perché non si rispetta il diritto dei cittadini di essere informati correttamente?”.