Cigola il vecchio cancello che porta al camposanto. Sarà colpa dell’umidità o della ruggine che ha pure segnato il tempo.
In questi giorni il colpo d’occhio è pagante dai mille colori dei fiori che adornano le tombe dando calore. Una giovane donna con una folta chioma s’accinge a sistemare i crisantemi ancora in bocciolo. Lo fa con delicatezza e con grazia, come se stesse per accarezzare in modo immaginario chi riposa.
Il culto dei morti è importante perché vuol dire ricordare chi prima di noi, festoso, correva per i sentieri del mondo. Le giornate si fanno sempre più brevi ed il sole nella nebbia, con i suoi raggi riesce a malapena a forare la densa foschia. Sono le giornate in cui si ricordano coloro che oggi non ci sono più.
Passeggiando tra le tombe ornate a festa, i ricordi balzano davanti e dopo un breve momento di raccoglimento denso di mille emozioni, si apostrofa un sorriso bagnato da una piccola lacrima per ricordare i momenti più belli vissuti con chi oggi non è più con noi.
Poi a sera, raccolti davanti al camino che brucia enormi ceppi, sprigionando calore, si preparano le castagne, e poi chi crede recita il rosario sgranando la corona con in fondo una croce.
Poi, tutti riuniti, si mangiano le caldarroste sorseggiando un bicchiere di vino. È il momento in cui si riflette sulla morte, evento naturale nella nostra vita. Un passaggio obbligato che talvolta ci trova impreparati e porta seco dolore e sconforto.
Ma è bene riflettere perché come dicono le scritte sul muro del piccolo cimitero di Novaggio,
“Ricordati che devi morire” e poi più in là “La morte uguaglia il ricco e il povero”.