Nel Tractatus Logico-Philosophicus, Ludwig Wittgenstein afferma che “la proposizione è un’immagine della realtà. La proposizione è un modello della realtà come noi la pensiamo”. In pratica, il linguaggio è paragonabile a un’ombra proiettata da una gigantesca pietra. I contorni di quest’ombra possono essere più o meno distorti, ma sono il risultato dalla forma della pietra.
Il linguaggio non è che la proiezione del nostro pensiero. Teniamolo a mente.
Leggendo certe dichiarazioni di Kristi Noem, neo-segretaria della sicurezza di Trump, virilmente vestita da poliziotto antisommossa, come nei migliori film d’azione americani – durante l’arresto di un clandestino – mi è tornato in mente questo concetto di Wittgenstein. Il clandestino non è più un irregolare, è immondizia: è stato degradato a oggetto. Il nuovo vocabolario trumpiano riprende tutta una serie di termini che Eco attribuiva al fascismo eterno, l’Urfascismo. Siamo già un passo avanti: è iniziata l’acclamazione delle folle in estasi di fronte al Macho americano che ci salverà con il suo manganello geopolitico.
Deportazioni, immondizia, “ripulire Gaza”, espellere, annettere… queste sono le parole del vocabolario della nuova era: difficilmente ci saremmo aspettati di ascoltarle da un uomo di stato 20 anni fa. Noi cinquantenni, figli della generazione del dopoguerra, ci siamo abituati a dare tanta importanza alle parole, tanto da autocensurarci di continuo, da vietarne l’uso più innocuo. Intorno al 2000 ci siamo resi conto che non potevamo più dire “cieco”, ma “non vedente”; non più “disabile”, ma “diversamente abile”; non più “avvocato”, ma “avvocata” o, addirittura, “avvocat*”. Ci siamo abituati al rispetto formale per tutte le categorie, iniziando a proteggerle con le parole, prima ancora che con fatti concreti.
Il futuro del linguaggio va in una direzione del tutto opposta. Il pendolo, dopo aver raggiunto il suo punto estremo, sta tornando a tutta velocità nella direzione opposta: tutti hanno voglia di urlare rabbia contro qualcuno, questo qualcuno che è la causa di tutti i mali del mondo. Negli anni 30 del secolo scorso ce l’eravamo presa con gli ebrei, accusati di causare ogni danno, di corrompere la società, di scatenare l’inflazione, il disordine, di sporcare la purezza della razza ariana.
Leggendo queste parole di Kristi Noem, mi sono domandato di cosa siano proiezione, ovvero, quale sia il pensiero che si cela dietro questi termini? Forse la risposta è nella sua stessa recente frase: “Odiavo quel cane. Non era addestrabile ed era pericoloso per chiunque vi entrava in contatto, valeva meno di niente come cane da caccia. In quel momento ho realizzato che avrei dovuto sopprimerlo”. Lascio agli psichiatri l’analisi di ciò che si cela dietro un modo di esprimersi così crudo, così amorale. A noi, poveri insignificanti cittadini, lascio la speranza di non essere, un giorno, trattati come immondizia, come carne da macello, come nullità. A me, povero idealista, lascio il diritto di poter esprimere, finché ne avrò la possibilità, il mio dissenso di fronte a quello che accade e a questa nuova ondata di ferocia verbale che non porterà a nulla di buono.
Ai miei figli voglio lasciare una importante eredità: le mie parole. Parole di comprensione, di solidarietà, di consapevolezza, di rispetto per il prossimo. Non ho altro da regalar loro.