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Di diritti e discriminazioni

Lo scorso 26 novembre un volo speciale è partito dall’aeroporto di Zurigo in direzione Baghdad. Eppure il Dipartimento federale degli affari esteri (Dfae) cita testualmente: “Sono sconsigliati i viaggi a destinazione dell’Iraq, non urgenti” (fonte 25.11.2024 DFAE https://www.eda.admin.ch/eda/it/dfae/rappresentanze-e-consigli-di-viaggio/iraq/consigli-viaggio-iraq.html).

Che cosa c’è, perciò, di così urgente da dover essere trasportato in una nazione dove (sempre citazione della fonte ufficiale) la situazione rimane confusa e instabile, la sicurezza non è garantita... Sono da prevedere attentati e attacchi con missili e granate... Eccetera. Sicuramente “qualcosa” di molto importante se addirittura è previsto un volo speciale con tutti i costi, sia in termini di personale coinvolto, sia economici, che questo comporta. Si stima che nel 2023 il costo dei voli speciali sia stato di circa 2,5 milioni di franchi. Eppure, nonostante la violenza generalizzata del Paese di destinazione e i costi ingenti, il volo è stato effettuato. “Cosa” c’era quindi a bordo? Esseri umani.

Si potrebbe obiettare, infatti, che per gli esseri umani è giusto investire anche ingenti somme di denaro. Ma per gli esseri umani è giusto essere portati in un luogo dove la situazione rimane confusa e instabile, la sicurezza non è garantita, sono da prevedere attentati e attacchi con missili e granate, eccetera? Su quell’aereo vi erano persone espulse dalla Svizzera, cioè persone che hanno commesso un reato per il quale hanno espiato la pena prevista; una pena alla quale, automaticamente, si aggiunge l’espulsione.

Su quell’aereo c’era un padre, un fratello, un fidanzato di persone e famiglie che sono in Svizzera e da più di 10 anni, che non sono nemmeno riuscite a salutare il proprio familiare con un abbraccio, perché prima del volo, i “trasportati” vengono rinchiusi nel carcere amministrativo. E tutto questo solo perché si è nati in un Paese diverso dalla Svizzera. Sì perché a parità di pena, un cittadino svizzero non perde la cittadinanza, non viene esiliato (e ci mancherebbe ha già scontato la sua pena).

Ma allora perché la pena inflitta allo straniero a parità di reato deve essere più gravosa? La nostra Costituzione nel preambolo afferma: consci che la forza di un popolo si commisura al benessere dei più deboli dei suoi membri, mentre all’articolo 8 cita: Tutti sono uguali davanti alla legge. Nessun può essere discriminato, in particolare a causa dell’origine... Dove è realmente questa uguaglianza giuridica, nel caso concreto, se per lo stesso reato lo “straniero” viene punito più gravemente? E ancora, dove è la tutela della dignità della persona, sancita all’articolo 7 della nostra Costituzione, se nemmeno si dà la possibilità a un padre di salutare le figlie, nate in Svizzera e qui residenti ormai da circa 14 anni? Dove è la tanto decantata umanità e civiltà elvetica? Solo sulla carta, come giustificazione che permette a politici e funzionari di lavarsi la coscienza, mentre mettono in atto sistemi discriminatori e lesivi della dignità umana e dei diritti fondamentali.

I diritti non sono assodati e acquisiti per sempre, possono essere persi e tolti e il fatto che nazioni che si professano culle di civiltà e diritto non li applichino già a una buona fetta di essere umani, i più deboli, deve spronarci a metterci in moto per chiedere a gran voce che davvero la dignità della persona venga rispettata e protetta e che tutti siamo uguali, senza alcuna discriminazione.