C’è un termine, presente nel dibattito pubblico da una ventina d’anni, che fa da comun denominatore a diversi fenomeni che puntano tutti nella direzione sbagliata, quella della repressione e della regressione. Il termine in questione è “mascolinismo” e viene usato per descrivere un movimento di resistenza al femminismo. Ne parla Claire Legros in un articolo apparso su Le Monde e in seguito pubblicato su Internazionale. Legros, che si rifà a diversi saggi e studi, nell’articolo spiega che il movimento ha radici storiche profonde, con tracce già presenti nell’antichità greco-romana, e che oggigiorno sta trovando terreno fertile nei movimenti conservatori e populisti, intrecciandosi con altre forme di odio come il razzismo e l’omofobia e creando una cosiddetta “intersezionalità degli odi”. Riassunto in modo stringato, il mascolinismo è un’ideologia che si oppone all’uguaglianza di genere e che promuove una visione gerarchica dei rapporti tra uomini e donne basata su una presunta crisi della mascolinità, sulla femminilizzazione della società e sull’indebolimento delle differenze tra i sessi. Purtroppo non si tratta di un fenomeno marginale. Secondo l’antropologa Mélanie Gourarier, citata da Legros, si tratta di un pensiero molto diffuso nella società: il continuo ribadire che la mascolinità è in pericolo serve a riaffermarla incessantemente, come se fosse un discorso normativo, con l’obiettivo di “ristabilire la differenziazione e l’asimmetria tra uomini e donne”. È proprio questo il nocciolo della questione: mentre il femminismo aspira all’uguaglianza, il mascolinismo è fondato sulla disparità e sulla volontà di dominare.
Questo movimento ha creato e sta creando un clima di ostilità che investe sia singole persone che intere società. Pensiamo per esempio alle campagne d’odio online rivolte alle donne ritenute “non allineate”: contro Amber Heard nella sua causa di divorzio da Johnny Depp; contro la politologa Natascha Strobl in Austria per i suoi studi sull’estremismo di destra; contro l’attrice Emma Watson in seguito al suo discorso alle Nazioni Unite sull’uguaglianza di genere; oppure contro la giornalista italiana Giovanna Botteri per il suo aspetto fisico. L’ideologia machista non si ferma qui: Trump, con una retorica basata sul sapiente mix fra supremazia bianca e mascolinismo ha saputo convincere perfino i maschi neri: se nel 2020 il 90% di loro ha votato per Biden, questa volta a votare per Kamala è stato solo il 78%. Come afferma il professore di Storia Ibram X. Kendi, direttore del Centro per la ricerca antirazzista di Boston intervistato dal Tages-Anzeiger, l’odio di genere può vincere anche su quello razziale. Secondo Kendi, Trump “fa leva sul timore degli uomini di perdere i loro privilegi e di avere meno opportunità rispetto alle donne”.
A tanti lettori ‘Il racconto dell’ancella’, romanzo distopico di Margaret Atwood, può apparire fastidiosamente eccessivo, ma nasconde comunque un fondo di verità. Spetta a noi renderlo del tutto irrealistico. Il lavoro da fare è tanto. E il femminismo resta una lotta più necessaria che mai.