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Democrazia ed economia

(Ti-Press)

Atene, culla della democrazia. Quale miglior città per l’incontro che si tiene annualmente con il motto ‘Forum democratico di Atene’? Durante una delle numerose tavole rotonde venne posta la questione seguente: in che modo la filantropia può aiutare la democrazia. Si può utilizzare il denaro dei filantropi per sostenere una democrazia? Non stiamo parlando dei 75 milioni di Elon Musk a favore di Trump e dei 63 milioni di Bill e Melinda Gates a favore di Kamala Harris, ma piuttosto se la filantropia non dovesse investire di più e meglio per far conoscere e migliorare le istituzioni democratiche. Secondo il Democracy Report 2024 pubblicato dallo svedese V-Dem Institute, il 71% della popolazione mondiale, ossia 5,7 miliardi di persone, vive attualmente in Paesi governati da regimi autocratici. In questi ultimi dieci anni i regimi autocratici o dittatoriali sono aumentati del 48%: “La democrazia nel mondo è in via di estinzione, specialmente considerando l’erosione della libertà di informazione e di espressione che, nel 2023, si è ritrovata indebolita in 35 Paesi”.

D’altra parte, negli ultimi dieci anni la Cina ha investito 7 miliardi per comperare organi di informazione fuori dalle sue frontiere, mentre 38 Paesi dell’Ocse hanno speso solamente 500 milioni all’anno per sostenere i mezzi di informazione indipendenti. Si tratta di un importo che corrisponde a un terzo del preventivo annuale speso dalla Russia per la propaganda, i cui risultati sono emersi anche in occasione del recente referendum in Moldavia riguardo all’adesione all’Unione europea. “Le autocrazie si sono accorte che con poco denaro si possono comperare organi di informazione per influenzare la politica, per il semplice fatto che mancano i mezzi finanziari sufficienti per sostenere gli organi di informazione indipendenti”. Questo dibattito è molto attuale anche in Svizzera, dove il numero degli organi di informazione indipendenti continua a diminuire. Questo grido di allarme ha convinto il settimanale tedesco Die Zeit a consacrare un servizio di due pagine alla crisi dei mezzi di informazione regionali in Svizzera. Non è un caso che le organizzazioni “autocratiche” all’interno di Paesi democratici, Svizzera compresa, stiano concentrando i loro sforzi da un lato contro la radio-televisione indipendente e, dall’altro lato, infiltrandosi e comperando mezzi di informazione regionali.

Ecco la relazione tra Atene e Stoccolm. Il Premio Nobel per l’economia è stato attribuito a quei ricercatori interessati alla relazione fra lo sviluppo democratico e lo sviluppo economico, partendo da questo dato di fatto: la metà della popolazione mondiale guadagna soltanto un decimo del profitto mondiale e possiede solamente il 2% del patrimonio mondiale; i cinque Stati più ricchi del mondo sono trenta volte più ricchi che il 20% dei Paesi più poveri. Le ricerche dei tre economisti insigniti dal Premio Nobel di quest’anno non si sono limitate a delle scoperte empiriche, ma hanno anche sviluppato strumenti teorici per spiegare perché continuano a sussistere situazioni di benessere così differenti. Hanno anche cercato di spiegare per quale motivo è così difficile per le nazioni staccarsi dai modelli negativi: proprio mentre le élite politiche continuano ad approfittare del sistema, la popolazione diffida sempre più delle loro promesse di riforme economiche e democratiche. D’altra parte, i detentori del potere temono che le riforme possano generare perdite del loro potere. Ne risulta una situazione di immobilismo, che ostacola il riscatto dalla povertà.

Proprio in questo movimento di idee sentiamo una delle conclusioni della suddetta tavola rotonda di Atene: “L’erosione della democrazia è in corso e il mondo è in fiamme. Il fatto che ci siano persone che non si accorgono di queste fiamme è perché queste persone sono protette dai loro privilegi”. La risposta a queste persone da parte dei tre laureati con il Premio Nobel è la loro tesi principale secondo cui, a lunga scadenza, sul piano economico le democrazie sorpassano di gran lunga le autocrazie, perché lo Stato di diritto garantisce condizioni quadro per gli imprenditori e i consumatori ben migliori rispetto al diktat arbitrario del potere autocratico.

Ma torniamo ad Atene: qual è la relazione fra l’autocrazia e l’intelligenza artificiale? Il Prof. Kirchschläger, del Politecnico di Zurigo: “I nostri dati vengono rubati. I copyright vengono violati. La nostra privacy viene violata. Una società americana ha diffuso un’app che ha sessualizzato le fotografie di bambini, senza nessuna conseguenza. È indispensabile la creazione di un’istituzione che regolamenti l’intelligenza artificiale”. Il Premio Nobel Daron Acemoğlu: “L’intelligenza artificiale aumenterà la produttività totale dello 0,06% all’anno e potrà contribuire alla crescita del Prodotto interno lordo solamente dell’1/1,5%”. Intanto, però, Elon Musk ha diffuso sulla sua piattaforma un’immagine di Kamala Harris, generata dall’intelligenza artificiale, con una divisa rossa e cappello rosso su cui campeggiavano falce e martello.

Questo articolo è stato pubblicato in francese sulla ‘Tribune de Genève’