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Dibattito sulla speranza di un’Europa ancora più unita

La situazione geopolitica sempre più tesa nell’Europa dell’Est e in Medio Oriente sta riportando in primo piano un dibattito, quello sull’Ue e sul concetto stesso di Europa, che vive fasi altalenanti. Subito dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, la visione di una Europa unita sembrava essere l’unico possibile futuro, l’unica soluzione per evitare ulteriori conflitti. Il sogno di una Federazione europea, sogno di tanti ancora oggi, sembrava tanto realizzabile quanto forte era il desiderio di godere di un lungo periodo di pace, perlomeno all’interno del continente. Cosa è rimasto di quel sogno? Se ne è parlato in un interessante dibattito nella conferenza – organizzata da Coscienza Svizzera in collaborazione con il Movimento Europeo Svizzera – “Salviamo l’Europa. Otto parole per riscrivere il futuro” in cui Michele Bellini ha descritto la situazione attuale dell’Unione europea e, più in generale, del senso dell’Europa.

Dal dibattito è emersa con forza la necessità di spostare la discussione sull’Europa su un piano, finalmente, culturale, politico, identitario, provando a svincolarsi da quella visione dell’Ue legata solamente a criteri economici; magari rispolverando il progetto Ced - Comunità europea della Difesa, anch’esso tornato alla ribalta con un certo vigore.

Soprattutto, ciò che dovrebbe diventare oggetto di dibattito, tra i cittadini, in Tv, nei giornali, è un rinnovato senso dell’essere cittadini, quello che Bellini definisce trade-off che, in italiano ricorda un po’ il “dare per avere”, purificato però dalle implicazioni opportunistiche. In parole povere, trade-off significa che essere cittadini vuol dire rinunciare a una parte, piccola, della propria assoluta libertà in cambio di una libertà più grande: quella di poter vivere in un mondo civile, sorretto e sostenuto da regole, da protezioni giuridiche, sociali, economiche. Il concetto dell’individuo isolato sul cucuzzolo eremitico della montagna non ha mai retto e non regge tantomeno oggi, in un mondo sempre più globalizzato. Il cittadino è sempre più libero quanto più “connesso” con gli altri. La vera libertà consiste nel poter essere protetti dalla Comunità di cui si fa parte. E questo stesso concetto vale anche per gli Stati nazionali. Far parte di una Comunità europea non vuol dire solo perdere sovranità: vuol dire guadagnare in sicurezza, in autorevolezza, in opportunità economiche, culturali, sociali. Non è forse su questi concetti che si basa la Svizzera? Non è la Svizzera forse una comunità di Stati con delle proprie Costituzioni, ma che accettano una limitazione di Sovranità in funzione di un interesse superiore?

Spesso ci si rende conto di certe cose solo di fronte ai dati di fatto. La Danimarca, sempre piuttosto gelida nei confronti di una forte integrazione con l’Europa, sempre molto restia a cedere la propria sovranità, ha rapidamente cambiato il suo approccio dopo lo scoppio delle ostilità in Ucraina: la preoccupazione per la sicurezza hanno fatto ammorbidire le molte rigidità più che radicate e che sembravano insuperabili fino a pochi mesi fa.

E la Svizzera? Sarebbe bello poter affrontare il dibattito anche qui, senza pregiudizi antiquati o prese di posizione irrazionali. Il Movimento Europeo Svizzera ha questa funzione: raccogliere opinioni, pareri, organizzare dibattiti, comprendere i pro e i contro di una maggiore partecipazione della Svizzera alla macchina europea. Cosa significa Europa? Cosa significa per la Svizzera essere collocata geograficamente in territorio europeo? Cosa avrebbe da perdere e cosa da guadagnare entrando nell’Ue? E rafforzando i suoi rapporti con l’Unione? A questa e ad altre domande si può rispondere solo discutendo senza paletti e senza pregiudizi dati dai diversi schieramenti politici. Non bisogna aver paura di farsi delle domande, né delle risposte che si possono trovare.

Bisogna aver paura dell’oscurità della solitudine, dell’ignoranza, della chiusura in sé stessi: chiusura che potrebbe rivelarsi molto presto insuperabile.