laR+ I dibattiti

Verso nuove modalità di dialogo sulla scuola

Avendo scritto diversi articoli sull’andamento della nostra scuola, mi ero riproposto di non occuparmi più del tema, anche perché non c'è stata occasione di un vero dibattito. Ma il confronto fra la direttrice del Decs e il presidente del Plrt, presentato nell’edizione del 2 settembre de laRegione, mi ha suscitato interesse, anche perché i due contendenti hanno situato il tema della scuola nella prospettiva più ampia della società. Ambedue sottolineano punti di vista anche discordanti, ma nel tono e nell’argomentazione sembra apparire una volontà reciproca di confronto. La qual cosa era piuttosto difficile in passato, allorquando il Decs, per il tramite del suo direttore, sentenziava a senso unico propositi pedagogici e organizzativi sulla scuola.

Giustamente la signora Carobbio afferma che il sistema scolastico prevede “risposte mirate e flessibili, al fine di garantire il diritto all’educazione e alla formazione a tutte e a tutti in modo che ognuno possa sviluppare le proprie potenzialità”. Non si capisce se ciò va inteso come un’attestazione della situazione attuale o come un obiettivo della politica dipartimentale.

Giustamente Speziali afferma che “è fondamentale integrare i ragazzi per evitare una scuola che segrega ed esclude i giovani”. Di fronte a questi presupposti, intravedo una possibilità nuova di dialogo fra le parti, al fine di conciliare l’esigenza di consolidare le conoscenze per tutti gli allievi, con l’esigenza di offrire dei corsi di approfondimento e di applicazione che siano di pari livello e di libera scelta da parte degli allievi. Accanto a forme individualizzate di insegnamento (laboratori, sostegno pedagogico e altro ancora, citati dalla direttrice del Decs), rimane imprescindibile predisporre programmi e modalità di insegnamento suscettibili di aiutare tutti a consolidare le conoscenze di base; e offrire attività e contenuti supplementari anche differenziati, ma di pari dignità, al fine di sostanziare l’obiettivo primario voluto dal legislatore con la Legge della scuola, che recita all’Art. 58 cpv. 2: “Gli allievi hanno il diritto di ricevere un insegnamento conforme alle loro caratteristiche individuali”.

Questo è il punto centrale della questione. La neurologia ci insegna che ci sono più forme di intelligenza altrettanto dignitose; il buon senso ci dice che ci sono negli allievi interessi, motivazioni e attitudini diversi e complementari fra loro. La scuola non deve perseguire unicamente l’obiettivo sociale dell’inclusione, che significa letteralmente “tenere dentro” le differenze; ma deve favorire il “dischiudere” in senso positivo e non discriminatorio delle potenzialità degli allievi. Giustamente Speziali parla di integrazione come missione fondamentale della scuola, che etimologicamente significa compimento della personalità dell’allievo.

La scuola dell’obbligo ha, fra i suoi obiettivi principali, quello di attestare il profilo generale dell’allievo, ovvero la sua predisposizione a intraprendere degli studi preaccademici o un percorso professionale. La qual cosa può essere attestata nelle varie materie e in ognuna delle opzioni seguite dall’allievo, mediante una media dei risultati acquisiti. In tal modo la diversificazione curricolare parziale nel secondo biennio della SM, se di qualità, è da considerare un fatto positivo, proprio perché volta a interpretare senza pregiudizi le differenze di motivazione, di interessi e le varie forme di intelligenza degli allievi.

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