Tra i tarli che rodono lo zoccolo della democrazia c’è l’astensionismo, una disaffezione che sgorga da più stati d’animo
Tra i tarli che rodono lo zoccolo della democrazia c’è l’astensionismo. Una disaffezione che sgorga da più stati d’animo: noncuranza per la cosa pubblica, amarezze personali, disgusto per determinati comportamenti, rassegnazione (tanto non cambia nulla) e altri sentimenti meno nobili. E tuttavia è opinione condivisa che la democrazia vada salvata, come pure la rete delle associazioni – con in prima fila i partiti – che ne garantiscono il funzionamento, nel quadro normativo garantito dalla Costituzione.
Rianimarla e rinvigorirla non è però operazione agevole. In primo luogo occorre formulare una diagnosi corretta, prendendo sul serio anche le voci critiche più radicali, anche quelle che vorrebbero affossarla per instaurare un regime da “uomo (o donna) forte”.
Limitiamoci al nostro cantone, un’aiuola che già offre una casistica ricca e variegata. Sono sotto gli occhi di tutti gli episodi che hanno riguardato un’istituzione plurisecolare come la Chiesa. Casi gravi che hanno traumatizzato fanciulli e rovinato rapporti, violenze commesse da educatori (presbiteri) di cui le famiglie e la scuola si fidavano, proprio in virtù della delicata missione che svolgevano come depositari di moralità, di buon costume, di civismo. Secondo caso: la faida che sta lacerando la magistratura cantonale. Anche qui siamo di fronte a un potere (quello giudiziario, nella tripartizione di Montesquieu) che dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto e di ogni malsana ambizione, istanza superiore in cui il cittadino vittima di reati ripone le sue speranze di giustizia.
Chiesa e Magistratura: due santuari che in altri tempi garantivano serietà, credibilità e una moralità indiscussa. Oggi il cittadino le osserva con occhio disincantato e freddo, domandandosi se questo cedimento etico rappresenti l’anticamera di una corsa verso il nulla, verso la liquefazione dei principi che finora avevano orientato l’azione di entrambe le istituzioni.
Pure i partiti, questi architravi dell’ordinamento repubblicano, che come abbiamo detto reggono l’impalcatura della democrazia, non godono di buona salute. Sia a destra che a sinistra. A destra con la Lega, un partito-movimento nato per rivoltare il Ticino come un calzino e che ora si ritrova invischiato in faccende losche e opache; a sinistra con un partito socialista che, ancora alle prese con gli strascichi imbarazzanti del funzionario B, vede nuovamente un suo esponente di spicco, il presidente del Tribunale penale Mauro Ermani, al centro di atti sessisti, non propriamente rubricabili come “goliardate” (e per di più compiuti nelle stanze del Palazzo di giustizia). C’è un tratto comune: sesso & potere, una coppia che cammina di pari passo. Potere soprattutto maschile, che pretende di esercitare la sua forza sui soggetti che non possono difendersi: i minorenni, i subalterni, le donne.
Quanta influenza esercitano i canali sociali su questo progressivo degrado della sfera pubblica? Sicuramente parecchia, sebbene sia difficile quantificarla. La Rete tende ad abolire ogni separazione tra pubblico e privato, invadendo capillarmente sia il momento lavorativo che il tempo libero. Un’opinione o una fotografia immessa nel web prende a circolare alla velocità di un lampo, rendendo vano ogni tentativo di arrestarla. La Rete è uno spazio affascinante per le opportunità che offre, ma è anche uno stagno che raccoglie negli strati più profondi gli scoli di menti criminali o perverse. Rischio che finalmente viene ora riconosciuto e che si tenta di arginare, specie nel campo della pornografia, un’industria di largo successo. Ma è una battaglia solo agli inizi contro un “nemico” subdolo e sfuggevole, non facile da identificare e da perseguire: un’impresa che gli esperti paragonano alle fatiche di Sisifo.
Potremmo cavarcela condannando i tempi moderni, epoca di nichilismo, di moralità perduta, di eclisse dei valori più autentici. Posizione comprensibile, ma è una ‘deprecatio temporum’ che non porta molto lontano. Qui, per ora, basterebbe un briciolo di buon senso e di correttezza, una ripresa della deontologia professionale, un recupero dei codici morali fondamentali. Mentre ai partiti che hanno perso la bussola consigliamo di riprendere in mano la formazione/selezione del loro personale politico, di riaprire il baule in cui conservano quel poco che resta della loro cultura politica, e di espellere dai ranghi chi interpreta la carica politica come un’agenzia privata di affari.