“Quello che sta accadendo non è uno scontro di civiltà, ma tra barbarie e civiltà, tra coloro che glorificano la morte e coloro che glorificano la vita”. È con queste parole che il premier israeliano è riuscito a strappare lunghi applausi al Congresso Usa.
Già nel lontano 1896 Theodor Herzl, il padre del sionismo, ipotizzando uno Stato d’Israele scriveva: “Noi forniremmo il servizio di avamposto della cultura contro la barbarie”. La barbarie può essere definita come la condizione di vita caratterizzata da un grado infimo di civiltà e cultura e dal prevalere della forza sulla ragione, ma viene chiamata così anche un’azione efferata e disumana. Rispondono senz’altro a queste definizioni i fatti che hanno portato le Nazioni Unite a doversi occupare di centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi, definiti come coloro “il cui normale luogo di residenza era la Palestina tra giugno 1946 e maggio 1948 (data di nascita dello Stato d’Israele), che hanno perso tanto le loro abitazioni quanto i loro mezzi di sussistenza come risultato della guerra arabo-israeliana del 1948”. A quattro mesi dalla nascita d’Israele, il mediatore delle Nazioni Unite in Palestina, nel suo rapporto del 18 settembre 1948, richiese aiuti urgenti e affermò: “La scelta è tra salvare la vita di migliaia di persone ora o permettere loro di morire”. I rifugiati coinvolti a quel momento erano ca. 440’000, nel settembre del 1949 un altro documento della stessa fonte parla di 940’000 rifugiati che hanno ricevuto quasi 1’600 calorie al giorno dalle Nazioni Unite. La storia ci indica dunque come Israele abbia indebitamente preso possesso di casa e terra di centinaia di migliaia di palestinesi, per poi abbandonarli nelle zone meno privilegiate della Terra Santa.
Neppure l’insediamento di 700’000 coloni israeliani al di fuori dei propri confini e la messa in cattività, con tanto di beton e filo spinato, di più di due milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza, una superficie corrispondente ai 2/3 della Vallemaggia, sono azioni degne di chi vuole dare lezioni di civiltà. È certamente barbarie anche l’azione di Hamas che ha causato quasi 1’200 morti in risposta ai 6’400 morti causati da Israele tra il 2008 e il 7 ottobre 2023, ma, come disse Giulio Andreotti – non proprio uno studente ignorante, agitato e di sinistra –: “Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista”.
Il lungo applauso del Congresso Usa era dunque rivolto a chi, per procura e seminando morte e distruzione, riesce a mantenere alto il livello delle ordinazioni dell’industria bellica americana. Un applauso a modalità estranee sia alla civiltà che alla glorificazione della vita.